Una volta tanto, parlo del mio lavoro. Che consiste nel costruire telescopi, o pezzi di telescopi, e utilizzarli per guardare strane nubi di gas, piene di molecole interessanti, sparse per il cosmo. Sono tipicamente molecole organiche, qualche zucchero, semplici amminoacidi, e cose strane che sulla Terra non si vedono. Forse sono i mattoni da cui si è formata la vita, portati sulla Terra dalle comete poco dopo che questa si è solidificata.
Uno dei lavori che mi è riuscito meglio è stato un piccolo pezzo di un grosso interferometro formato da una sessantina di radiotelescopi, ALMA, attualmente in costruzione nel deserto di Atacama (il primo lo vedete nella foto accanto). Spero di andare a vederlo di persona, prima o poi.
Il pezzo in questione consente di fare simultaneamente due cose che senza si dovevano fare in due tempi. L'interferometro infatti serve per osservare le onde radio emesse sia da corpi molto freddi, come la polvere che riempie queste nubi e che si addensa a formare i pianeti intorno ad una stella nascente, che dalle molecole che a me piacciono tanto. Con un trucco di elettronica, un paio d'anni di lavoro di un po' di persone, e sostanzialmente senza spese aggiunte, ho trovato il modo di sostituire una scheda del correlatore che combina i segnali delle 60 antenne, e avere simultaneamente i due modi osservativi. Nella foto qui accanto si vede un quarto del gigantesco correlatore, in cui saranno alloggiate 512 delle mie schede.
Non è un lavoro da Nobel, ma è comunque un esempio dei tanti contributi che i ricercatori italiani portano al mondo della scienza. Senza fondi, stringendo la cinghia su tutto (il mio laboratorio è finanziato per circa 5000 euro l'anno, il costo di UNA di quelle schede lì, se si rompe qualcosa siamo a piedi), cercando di sopperire con idee brillanti alla mancanza di soldi.
Lo schema della scheda è stato scritto materialmente da un giovane ingegnere, che lavorava per il mio osservatorio con un contratto "atipico" (a progetto), ottenuto con una domanda di finanziamento in un bando nazionale. Il bando in questione era stato preso molto seriamente dal mio ente, e le valutazioni venivano effettuate da esperti stranieri del settore. Il "referee" che valutò la mia richiesta commentò a margine che i soldi che chiedevo per il contratto (fissati da norme nazionali) erano una vergogna, un inserviente in un fast food prendeva di più. Aveva perfettamente ragione, ora l'ingegnere, molto bravo, ha preso il largo, e ha messo in piedi una ditta.
Ora ho bisogno di un'altra persona, che scriva del software per pilotare un altro strumento. Altro bando, sempre su cifre da fast food, e pensavo di aver trovato una persona che potesse svolgere il lavoro. Mi ha telefonato una settimana fa, ha trovato un posto fisso in una azienda.
Un collega va in pensione a giorni. A parte che con le norme attuali il suo posto non verrà rimpiazzato, si porta con sé una esperienza enorme nella costruzione di strumenti raffreddati (la maggior parte degli strumenti astronomici van raffreddati a temperature bassissime, da 180 a 270 gradi sotto zero). Non ha avuto modo di passarle a qualche giovane. Uno di loro, dopo qualche anno di borsa a 1000 euro al mese all inclusive, ora lavora a Berkeley credo con uno stipendio doppio del mio.
Leggo quindi con occhi particolari le affermazioni di Brunetta sul precariato. Certo, in un mondo ideale ci vorrebbe un po' di gavetta, in modo da imparare e capire se si è adatti al lavoro di ricercatore, e poi concorsi regolari. Certo, in molti paesi funziona così, con varianti. Qui se lavori bene, e hai meno di 40 anni (ultimi concorsi più o meno regolari), se sei fortunato fai gavetta a stipendi da sussistenza, e poi trovi lavoro altrove (all'estero, in una ditta). Se ti va male, neppure quello. Nel frattempo la gente va in pensione, e nel giro di 5-10 anni nessuno saprà più come si fanno le cose.
E sono ancora più preoccupato vedendo a quello che succede in generale nel mondo della scuola. L'università ha gli stessi problemi che ho descritto, di fatto chi va in pensione non libera neppure nuovi posti, e in più si avvia ad una privatizzazione che la snaturerà completamente e la renderà fruibile solo a pochi ricchi. E via fino alle elementari, tanti grossi cambiamenti, tutti che porteranno ad un peggioramento della qualità dell'istruzione, un maestro in 24 ore non può fare quello che due fanno in 30 o 40.
Non riesco a capire il senso di tutto questo, stiamo veramente sparandoci sui piedi, sembra di capire solamente per raccattare qualche soldo. Ma una società senza istruzione e senza ricerca è destinata a morire, non ha futuro.
Aggiunte del 17 ottobre:
- il Governo sta approntando una legge, che costringerà i dipendenti pubblici ad andare in pensione a 40 anni di contributi. Questo, soprattutto per i tecnici (anche loro hanno competenze invidiabili che non riescono a trasmettere), accelererà ulteriormente la perdita di competenze di cui parlavo. Uno dei 2 tecnici elettronici del mio gruppo, che ha appunto più di 40 anni di contributi, mi ha chiesto se cerco di fargli avere una "collaborazione", in modo da continuare a lavorare qui, gratis.
- La prestigiosa rivista Nature ha pubblicato un articolo sulla situazione italiana, con circa queste considerazioni.
martedì 14 ottobre 2008
venerdì 3 ottobre 2008
Ancora bici
Stamane, nel prendere la bici alla rastrelliera in piazza Elia Dalla Costa, ho trovato le solite auto parcheggiate davanti. Oltre metà rastrelliera è inservibile, e quel po' che resta richiede acrobazie per mettere e togliere la bici.
Casualmente, per lavori al semaforo, erano presenti due vigili. Ne ho quindi fermato uno e ho fatto presente la situazione. "Parcheggi in un'altra rastrelliera". "Si', ma a me se la lego male la bici la portate via" "Ha ragione, ma che vuole che faccia..."
Insomma, in soldoni le auto hanno diritto a parcheggiare, impunite, nelle rastrelliere per bici.
Comunque ho seguito il consiglio, e sono andato alla rastrelliera sotto casa mia. Eccola. In effetti un posto ci sarebbe, ma...
Aggiornamento al 6 Ottobre: Mi scrive la presidente dell'associazione Città Ciclabile, comunicandomi che ha inoltrato la mia segnalazione all'Assessore e al Comandante dei Vigili Urbani.
Casualmente, per lavori al semaforo, erano presenti due vigili. Ne ho quindi fermato uno e ho fatto presente la situazione. "Parcheggi in un'altra rastrelliera". "Si', ma a me se la lego male la bici la portate via" "Ha ragione, ma che vuole che faccia..."
Insomma, in soldoni le auto hanno diritto a parcheggiare, impunite, nelle rastrelliere per bici.
Comunque ho seguito il consiglio, e sono andato alla rastrelliera sotto casa mia. Eccola. In effetti un posto ci sarebbe, ma...
Aggiornamento al 6 Ottobre: Mi scrive la presidente dell'associazione Città Ciclabile, comunicandomi che ha inoltrato la mia segnalazione all'Assessore e al Comandante dei Vigili Urbani.
giovedì 2 ottobre 2008
Piero Calamandrei sulla scuola del 2008
Piero Calmandrei, per chi non avessi un impeto di commozione solo al sentirne il nome, è uno dei padri della nostra Costituzione. La prima volta che lo sentii nominare, lo associai al suo celebre discorso in cui paragonò la libertà all'aria, qualcosa a cui non facciamo caso fino a quando non ci viene a mancare.
Nel lontano 11 febbraio 1950, al terzo congresso dell'Associazione a difesa della scuola nazionale (ADEN), a Roma, pronunciò il discorso che segue. E' tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci...
Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole de suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alla scuole pubbliche a alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami saranno più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alla scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Pubblicato nella rivista "Scuola democratica", 20 marzo 1950. Ripubblicato dalla rivista "Internazionale", n. 762, p. 21
Nel lontano 11 febbraio 1950, al terzo congresso dell'Associazione a difesa della scuola nazionale (ADEN), a Roma, pronunciò il discorso che segue. E' tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci...
Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuole fare la marcia su Roma e trasformare l'aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuole istituire, senza parere, una larvata dittatura.
Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di stato hanno il difetto di essere imparziali. C'è una certa resistenza; in quelle scuole c'è sempre, perfino sotto il fascismo c'è stata. Allora il partito dominante segue un'altra strada (è tutta un'ipotesi teorica, intendiamoci). Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole de suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di stato. E magari si danno dei premi, come ora vi dirò, o si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alla scuole pubbliche a alle scuole private. A "quelle" scuole private. Gli esami saranno più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. Attenzione, amici, in questo convegno questo è il punto che bisogna discutere.
Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: ve l'ho già detto: rovinare le scuole di stato. Lasciare che vadano in malora. impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alla scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico.
Pubblicato nella rivista "Scuola democratica", 20 marzo 1950. Ripubblicato dalla rivista "Internazionale", n. 762, p. 21