Un bambino di 4 anni, che ha la sventura di essere figlio di un affermato omeopata, si ammala. Dopo 20 giorni di cure "alternative" i genitori lo portano finalmente in ospedale, ma ci arriva in fin di vita, muore poco dopo per insufficienza respiratoria.
La notizia è riportata qui, e nell'edizione di Lecce de La Repubblica. Purtroppo casi del genere diventano sempre più frequenti, come sono aumentati nell'ultimo decennio i casi di infezioni gravi per tonsilliti curate con l'omeopatia, anche se quando ci scappa il morto è un'altra cosa. Ora spetta alla magistratura stabilire cosa sia esattamente successo.
La federazione dei medici omeopatici (FIAMO) cerca subito di pararsi. Il portavoce dell'associazione, in un'intervista sulla Gazzetta del Mezzogiorno, afferma che andrebbe usata solo come medicina di prima linea, per potenziare le difese dell'organismo, e naturalmente solo da medici. Non si capisce allora come mai un medico omeopata la proponga anche per una polmonite. E non è il solo, esistono pure libri a riguardo. Con potenziale finale tragico.
Gli risponde, nello stesso articolo, Alberto Ugazio, presidente della Società italiana di pediatria, “i farmaci omeopatici non hanno alcuna efficacia, e quindi se un bambino viene curato solo con quelli, è come se non fosse curato”. Sottoscrivo in pieno.
P.S. Segnalo il blog di MedBunker, riguardo il più comune rimedio antiinfluenzale omeopatico, in pratica zucchero con una spruzzata di acqua distillata purissima venduto a circa 800 euro al kg. Sono interessanti le reazioni di chi l'ha letto, molti non vogliono credere che un medico prescriva, e un farmacista venda, zucchero senza dentro nessun principio attivo. E intanto la FDA lo include in un elenco di farmaci antiinfluenzali sconsigliati al pubblico in quanto del tutto inefficaci (cliccare sull'immgine qui sotto per leggere).
domenica 23 ottobre 2011
martedì 11 ottobre 2011
Il teorema del tacchino
Un tacchino con indole filosofica era giunto ad un'importante conclusione. Il mondo era imprevedibile: può far caldo o freddo, esserci il sole o piovere, le giornate essere lunghe o corte, ma tutti i giorni, al massimo a mezzogiorno, nel pollaio entra un bipede molto alto che riempie la ciotola di mangime. È un fatto verificato innumerevoli volte, e quindi è una solidissima base per una teoria socioeconomica delle granaglie.
E sicuramente il fatto che oggi, 24 dicembre, ritardi un po', è un'anomalia trascurabile.
Una premessa: non sono un economista, e quindi so benissimo che sto parlando di cose che conosco poco. Non mi metto quindi ad azzardare soluzioni, o a fare analisi troppo accurate. Ho solo alcune domande, che derivano dal mio vedere le cose da fisico, l'impressione si stia trascurando qualcosa di essenziale, come il tacchino della storia, e non so quando arriverà il 24 dicembre.
In questi giorni si parla moltissimo di economia e finanza. L'Italia è stata declassata come debitrice, essenzialmente perché non è in vista una ripresa dell'economia. Se proviamo a chiedere ad un economista cosa ci vorrebbe, ci risponde (per quel che ho sentito) che la crescita del PIL dovrebbe arrivare ad un 3% annuo. Per quanto tempo? Per sempre, dovrebbe essere SEMPRE a questi livelli. Mi sembra molto ottimistico, il PIL italiano negli ultimi 15 anni è cresciuto in media dell0 0,9% l'anno. C'è stata una disastrosa recessione (-5% nel 2009), ma anche tagliando quell'anno siamo comunque intorno all'1,4% l'anno, che qualunque economista ti considera decisamente insufficiente.
Ma possibile che una crescita dell'1,4% l'anno sia un disastro? Intuitivamente uno potrebbe pensare che in un mondo ideale, in cui tutti hanno quel che gli serve per vivere (e divertirsi), la produzione dovrebbe rimanere costante. Se la produzione non cresce, ciascuno dovrebbe continuare a stare come sta, non stare peggio. Invece vediamo che con una crescita dell'1% si taglia tutto, i disoccupati aumentano, i giovani non hanno prospettive, eccetera. Evidentemente non ho capito qualcosa di sostanziale.
Il problema è che una crescita del 3% non può durare "per sempre". Con quella crescita i consumi raddoppiano ogni 20 anni circa. Il consumo di risorse pure. Significa che nei prossimi 20 anni consumeremmo tante risorse quante ne abbiamo consumate in tutta la storia passata dell'umanità (almeno, da quando il PIL è cominciato a salire del 3% l'anno). Ma abbiamo GIÀ consumato metà di molte delle risorse disponibili, ad esempio del petrolio, non siamo distanti per il neodimio (quello che permette di costruire hard disk da 1 terabyte invece che da 10 megabyte del mio primo PC), la produzione d'oro e di piombo sono in calo da anni. Non ne abbiamo per altri 20 anni, punto.
Si può migliorare l'efficienza? Certo, raddoppiamola, si va avanti altri 20 anni. Si possono cercare altre risorse? Certo, troviamo (se ci riusciamo) un'alternativa al petrolio che valga per ALTRETTANTO petrolio rispetto a quello mai trovato, sono altri 20 anni. Insomma, si arriva a metà secolo e stiamo comunque facendo fantascienza. È il problema delle crescite esponenziali, puoi aumentare a piacere le risorse, ma se cresci ad un tasso costante le finisci in un tempo che è alcune volte il tempo di raddoppio, 20 anni nel nostro caso. Ed anche con risorse infinite, esiste il problema dell'inquinamento (soprattutto l'effetto serra, oggi). O dove metti tutti quei beni prodotti. Persino guardando solo ai bisogni energetici, in soli 400 anni arriveremmo a consumare tutta l'energia che la Terra riceve dal Sole. L'unico modo per far durare la civiltà più a lungo di qualche decennio è NON crescere esponenzialmente. Rinunciare al bisogno di un incremento annuo del PIL del 3% (ma anche del 2% o dell'1%). Sono le cose che ho imparato nel lontano 1976, leggendomi "I limiti dello sviluppo", e giocando con modelli di sistemi sulla mia vecchia SR52.
Un primo motivo è che esiste una serie di feedback, di circoli virtuosi (o viziosi) per cui se l'economia cresce tende a crescere di più, ma se una parte ristagna tende a far decrescere le altre. In questo interessante blog si nota che il consumo di vestiti in Spagna è di 20 kg a testa l'anno. Uno sproposito, significa che devi buttar via vestiti praticamente nuovi tutti gli anni. Ma se il consumo calasse a un ragionevole 2 kg l'anno il 90% dell'industria tessile, dei negozi di abiti, dell'indotto andrebbe chiuso. Disoccupati che non potrebbero più comprare altri beni, e via a catena. In Italia la Fiat piange miseria (e usa pesantemente soldi pubblici) perché le nuove immatricolazioni stan calando del 15%. Ma ormai le strade sono piene di auto, dove le mettiamo? E la gente non ha voglia di cambiarle ogni 3-4 anni.
Poi ci sono alcune parti dell'economia che fisiologicamente non riescono a decrescere: la burocrazia, l'organizzazione della complessità. Ci sono sempre nuove regole, nuovi obblighi, e questo comporta persone che ci lavorano, uffici, strumenti. Un mio amico notava che una piccola ditta, 20 anni fa, teneva i libri contabili in mezzo scaffale, oggi serve un intero armadio. E se una parte cresce e il totale resta uguale le altre devono decrescere.
Poi la popolazione aumenta (qui o altrove), quindi la fetta per ciascuno diminuisce. Viviamo in un mondo più globalizzato, e le diseguaglianze tendono a equiparare le situazioni in vari stati, se in Cina producono a basso costo e crescono a bestia dobbiamo farlo anche noi. (1)
Ma il motivo che mi sembra più grave non è strettamente economico ma finanziario. Se l'economia cresce puoi investire i tuoi risparmi in qualcuno che probabilmente crescerà, guadagnerà e te li restituirà con gli interessi. C'è anche un grosso bisogno di soldi, per via della cosiddetta "leva finanziaria": i miei guadagni sono proporzionali a quante risorse uso per costruire la mia attività, quindi mi conviene farmi prestare più soldi possibile, anche 10-20 volte il mio capitale, perché poi con un maggiore volume d'affari riuscirò a guadagnarci di più nonostante i debiti. E i soldi vengono prestati e riprestati, ogni euro fisicamente stampato viene in media prestato 4 o 5 volte(2). Ma se l'economia non tira, quei soldi diventano una bomba.
L'aspetto più drammatico è quello del debito sovrano (quello degli Stati). Se il PIL cresce lo Stato può continuare ad indebitarsi, in fondo il debito resta sempre la stessa frazione del PIL. Ma se il PIL smette di crescere il debito esplode. Le spese di uno Stato non sono facilmente contenibili, e gli interessi van pagati. In generale un debito è sempre una scommessa, che il futuro sarà meglio del presente, se la scommessa è sbagliata son guai.
E siccome prestare soldi è più semplice che metter su un'attività, la finanza è diventata un mostro in continua crescita, con mille modi molto creativi per far fruttare i soldi facendoli girare velocemente. Oggi la stragrande maggioranza dei movimenti di denaro è legato ad attività speculative, con solo qualche percento effettivamente usati per comperare beni. Ma è un mondo che è molto reale, che influenza l'economia e la condiziona. Che può polverizzare i risparmi, o le pensioni, di milioni di persone se gli assunti su cui si basa vengono meno. E che può strangolare gli Stati, dettare loro condizioni.
Il fatto (vedi nota 2) che la maggior parte dei soldi che circolano sono di fatto usati più volte per via del moltiplicatore monetario implica che in una fase di recessione, in cui inevitabilmente le banche prestano meno, ci sono meno soldi in giro. FISICAMENTE meno soldi, per cui arriviamo all'assurdo di avere dei beni prodotti ma non acquistabili, perché la gente non ha i soldi per farlo.
Come uscire da tutti questi problemi? Ripeto che non lo so. Mi piacerebbe sentire degli economisti che ci riflettano sopra. Ma finora tutti quelli che ho sentito parlano solo di un "rilancio dell'economia", tornare ad alti tassi di crescita. Nessuno nota che i prezzi delle materie prime, fedeli alla legge della domanda e dell'offerta, schizzano in alto appena i consumi ripartono. E il 24 dicembre si avvicina. Forse è già arrivato, e non ce ne siamo ancora accorti.
--
Note
E sicuramente il fatto che oggi, 24 dicembre, ritardi un po', è un'anomalia trascurabile.
Una premessa: non sono un economista, e quindi so benissimo che sto parlando di cose che conosco poco. Non mi metto quindi ad azzardare soluzioni, o a fare analisi troppo accurate. Ho solo alcune domande, che derivano dal mio vedere le cose da fisico, l'impressione si stia trascurando qualcosa di essenziale, come il tacchino della storia, e non so quando arriverà il 24 dicembre.
In questi giorni si parla moltissimo di economia e finanza. L'Italia è stata declassata come debitrice, essenzialmente perché non è in vista una ripresa dell'economia. Se proviamo a chiedere ad un economista cosa ci vorrebbe, ci risponde (per quel che ho sentito) che la crescita del PIL dovrebbe arrivare ad un 3% annuo. Per quanto tempo? Per sempre, dovrebbe essere SEMPRE a questi livelli. Mi sembra molto ottimistico, il PIL italiano negli ultimi 15 anni è cresciuto in media dell0 0,9% l'anno. C'è stata una disastrosa recessione (-5% nel 2009), ma anche tagliando quell'anno siamo comunque intorno all'1,4% l'anno, che qualunque economista ti considera decisamente insufficiente.
Ma possibile che una crescita dell'1,4% l'anno sia un disastro? Intuitivamente uno potrebbe pensare che in un mondo ideale, in cui tutti hanno quel che gli serve per vivere (e divertirsi), la produzione dovrebbe rimanere costante. Se la produzione non cresce, ciascuno dovrebbe continuare a stare come sta, non stare peggio. Invece vediamo che con una crescita dell'1% si taglia tutto, i disoccupati aumentano, i giovani non hanno prospettive, eccetera. Evidentemente non ho capito qualcosa di sostanziale.
Il problema è che una crescita del 3% non può durare "per sempre". Con quella crescita i consumi raddoppiano ogni 20 anni circa. Il consumo di risorse pure. Significa che nei prossimi 20 anni consumeremmo tante risorse quante ne abbiamo consumate in tutta la storia passata dell'umanità (almeno, da quando il PIL è cominciato a salire del 3% l'anno). Ma abbiamo GIÀ consumato metà di molte delle risorse disponibili, ad esempio del petrolio, non siamo distanti per il neodimio (quello che permette di costruire hard disk da 1 terabyte invece che da 10 megabyte del mio primo PC), la produzione d'oro e di piombo sono in calo da anni. Non ne abbiamo per altri 20 anni, punto.
Si può migliorare l'efficienza? Certo, raddoppiamola, si va avanti altri 20 anni. Si possono cercare altre risorse? Certo, troviamo (se ci riusciamo) un'alternativa al petrolio che valga per ALTRETTANTO petrolio rispetto a quello mai trovato, sono altri 20 anni. Insomma, si arriva a metà secolo e stiamo comunque facendo fantascienza. È il problema delle crescite esponenziali, puoi aumentare a piacere le risorse, ma se cresci ad un tasso costante le finisci in un tempo che è alcune volte il tempo di raddoppio, 20 anni nel nostro caso. Ed anche con risorse infinite, esiste il problema dell'inquinamento (soprattutto l'effetto serra, oggi). O dove metti tutti quei beni prodotti. Persino guardando solo ai bisogni energetici, in soli 400 anni arriveremmo a consumare tutta l'energia che la Terra riceve dal Sole. L'unico modo per far durare la civiltà più a lungo di qualche decennio è NON crescere esponenzialmente. Rinunciare al bisogno di un incremento annuo del PIL del 3% (ma anche del 2% o dell'1%). Sono le cose che ho imparato nel lontano 1976, leggendomi "I limiti dello sviluppo", e giocando con modelli di sistemi sulla mia vecchia SR52.
Caso base de "I limiti dello sviluppo", Forrester, 1972. Per ora funziona anche troppo bene, siamo sui pianori del cibo e beni industriali a testa, e circa al 50% delle risorse
E ritorniamo alla domanda ingenua. Perché occorre crescere, a tutti i costi? Ripeto che non sono un economista, ho solo poche idee, in compenso ben confuse. Quindi se qualche economista me lo spiega meglio mi fa un favore.Un primo motivo è che esiste una serie di feedback, di circoli virtuosi (o viziosi) per cui se l'economia cresce tende a crescere di più, ma se una parte ristagna tende a far decrescere le altre. In questo interessante blog si nota che il consumo di vestiti in Spagna è di 20 kg a testa l'anno. Uno sproposito, significa che devi buttar via vestiti praticamente nuovi tutti gli anni. Ma se il consumo calasse a un ragionevole 2 kg l'anno il 90% dell'industria tessile, dei negozi di abiti, dell'indotto andrebbe chiuso. Disoccupati che non potrebbero più comprare altri beni, e via a catena. In Italia la Fiat piange miseria (e usa pesantemente soldi pubblici) perché le nuove immatricolazioni stan calando del 15%. Ma ormai le strade sono piene di auto, dove le mettiamo? E la gente non ha voglia di cambiarle ogni 3-4 anni.
Poi ci sono alcune parti dell'economia che fisiologicamente non riescono a decrescere: la burocrazia, l'organizzazione della complessità. Ci sono sempre nuove regole, nuovi obblighi, e questo comporta persone che ci lavorano, uffici, strumenti. Un mio amico notava che una piccola ditta, 20 anni fa, teneva i libri contabili in mezzo scaffale, oggi serve un intero armadio. E se una parte cresce e il totale resta uguale le altre devono decrescere.
Poi la popolazione aumenta (qui o altrove), quindi la fetta per ciascuno diminuisce. Viviamo in un mondo più globalizzato, e le diseguaglianze tendono a equiparare le situazioni in vari stati, se in Cina producono a basso costo e crescono a bestia dobbiamo farlo anche noi. (1)
Ma il motivo che mi sembra più grave non è strettamente economico ma finanziario. Se l'economia cresce puoi investire i tuoi risparmi in qualcuno che probabilmente crescerà, guadagnerà e te li restituirà con gli interessi. C'è anche un grosso bisogno di soldi, per via della cosiddetta "leva finanziaria": i miei guadagni sono proporzionali a quante risorse uso per costruire la mia attività, quindi mi conviene farmi prestare più soldi possibile, anche 10-20 volte il mio capitale, perché poi con un maggiore volume d'affari riuscirò a guadagnarci di più nonostante i debiti. E i soldi vengono prestati e riprestati, ogni euro fisicamente stampato viene in media prestato 4 o 5 volte(2). Ma se l'economia non tira, quei soldi diventano una bomba.
L'aspetto più drammatico è quello del debito sovrano (quello degli Stati). Se il PIL cresce lo Stato può continuare ad indebitarsi, in fondo il debito resta sempre la stessa frazione del PIL. Ma se il PIL smette di crescere il debito esplode. Le spese di uno Stato non sono facilmente contenibili, e gli interessi van pagati. In generale un debito è sempre una scommessa, che il futuro sarà meglio del presente, se la scommessa è sbagliata son guai.
E siccome prestare soldi è più semplice che metter su un'attività, la finanza è diventata un mostro in continua crescita, con mille modi molto creativi per far fruttare i soldi facendoli girare velocemente. Oggi la stragrande maggioranza dei movimenti di denaro è legato ad attività speculative, con solo qualche percento effettivamente usati per comperare beni. Ma è un mondo che è molto reale, che influenza l'economia e la condiziona. Che può polverizzare i risparmi, o le pensioni, di milioni di persone se gli assunti su cui si basa vengono meno. E che può strangolare gli Stati, dettare loro condizioni.
Il fatto (vedi nota 2) che la maggior parte dei soldi che circolano sono di fatto usati più volte per via del moltiplicatore monetario implica che in una fase di recessione, in cui inevitabilmente le banche prestano meno, ci sono meno soldi in giro. FISICAMENTE meno soldi, per cui arriviamo all'assurdo di avere dei beni prodotti ma non acquistabili, perché la gente non ha i soldi per farlo.
Come uscire da tutti questi problemi? Ripeto che non lo so. Mi piacerebbe sentire degli economisti che ci riflettano sopra. Ma finora tutti quelli che ho sentito parlano solo di un "rilancio dell'economia", tornare ad alti tassi di crescita. Nessuno nota che i prezzi delle materie prime, fedeli alla legge della domanda e dell'offerta, schizzano in alto appena i consumi ripartono. E il 24 dicembre si avvicina. Forse è già arrivato, e non ce ne siamo ancora accorti.
--
Note
- Tutta la nostra società si basa sull'assunto che la popolazione cresca. Le pensioni sono calcolate così, e questo apre un nuovo problema. Oltretutto oggi la prima cosa che è stata tagliata sono proprio le pensioni, quelle di chi oggi lavora con contratti atipici e contributi ridicoli, e che tra 30 anni non avrà MAI una pensione. Tanto oggi loro non protestano, e tra 30 anni si vedrà. I discorsi sull'elevare l'età pensionabile a 65 anni, o togliere gli anni di università o di servizio militare dal computo sono bazzecole a confronto.
- È il meccanismo del moltiplicatore monetario, che ho tentato di spiegare qui. Essenziale all'economia, ma pericoloso perché se un debitore non paga crea problemi a catena ai 4 creditori che aspettano in successione quei soldi.
sabato 1 ottobre 2011
Si paga a modiche rate
Faccio parte di una associazione ricreativa, in cui nessuno ci guadagna e per cui pago una modesta quota fissa annuale che serve a coprire le spese fisse, tipo l'affitto della sala. Poi uno partecipa come e quando vuole. La cosa ha suscitato qualche malcontento, perché alcune persone non riescono a tirare fuori la cifra tutta in una volta. Uno, spiegando la sua situazione, ha raccontato che è abbonato a Sky, ma non potrebbe permetterselo se dovesse tirare fuori i 200 euro l'anno tutti inseme.
La cosa mi ha (non troppo) sorpreso, se una persona con un bilancio familiare non riesce a tirar fuori 200 euro l'anno in una sola rata vuol dire che non ha 200 euro da parte, e allora sarebbe il caso che non si abboni a Sky (o a qualcos'altro, se Sky per lui è importante), la prima modesta tegola che gli capita si ritrova in rosso, e ben che vada paga uno sproposito di interessi passivi.
I risultati purtroppo li vedo da un altro lato, quello del microcredito. Buona parte dei clienti del microcredito sono persone che si sono ritrovate in rosso per accumuli di piccoli prestiti, e tante piccole rate fanno una rata grossa. E una parte del lavoro di accompagnamento sta nell'insegnare a gestire queste cose.
Ma anche da un punto strettamente economico è un controsenso. Innanzitutto pagando in un'unica rata di solito ti fan un po' di sconto, e poi ogni pagamento ha un costo, anche minimo: mettiamo sia un euro per pagamento ti ritrovi comunque a fine anno ad aver pagato almeno una decina di euro in meno. E il potersi permetterlo dipende da un bilancio tra quel che guadagni e quel che spendi, che non dipende dal pagare in un'unica rata. Io tengo un bilancio di tutto quel che spendo, e alla fine dell'anno vedo se il conto in banca (o sotto il materasso, se non mi piacciono le banche) è aumentato o diminuito, cerco di capire perché, e ne tiro le conseguenze.
Comperare a credito ha senso in molti casi: se devo acquistare un'auto, o una casa, di solito non posso aspettare i 5, o 20 anni che mi servirebbero a metter via il capitale necessario. Se poi devo mettere in piedi un'attività se non chiedo un prestito non posso partire, e quindi mettere via i soldi che mi servirebbero. Ma è un servizio che pago, salato. Se ne posso fare a meno è sicuramente meglio. I mutui sulle case sono una spada di Damocle sulla testa della gente, chi ha un mutuo trentennale quando incontra chi parla di uscire dall'euro gli sputi immediatamente negli occhi, con una conseguente inflazione al 10% (se va bene) la rata del mutuo triplicherebbe. E quindi pagare a rate il televisore 37 pollici, le vacanze alle Maldive, il pranzo di nozze o Sky singifica pagare molto più care delle cose che non ci servono subito. Saltiamo le vacanze un anno, mettiamo via quei soldi, e l'anno prossimo alle Maldive ci andiamo con il 10% di sconto (il costo del finanziamento che non abbiamo usato).
Lo so, il mondo oggi non funziona così. La gente non arriva al 27. Ma ogni volta che comperiamo qualcosa a rate significa che non possiamo permettercelo, non ora almeno. Se non posso permettermi di far studiare i figli, di comperare da mangiare al supermercato, posso essere costretto a chiedere prestiti, ma forse per Sky non è il caso. Ed è pure vero che per molte persone il "poterselo permettere" si confronta solo con quel che hai nel portafogli ora, se hai 20 euro vuol dire che puoi permetterti qualsiasi cosa che costa 20 euro, anche 20 euro a rata, anche se magari a fine anno sono 240 o se non ti avanza niente da parte. E finché il portafogli non è vuoto, puoi continuare a spendere. Ma il mio amico di Sky è laureato, sa fare i conti, e in fondo i nostri nonni ci arrivavano.
E poi se non spendi chi produce non vende. L'economia non gira. L'80% dei soldi che girano sono soldi prestati da qualcuno a qualcun altro, crediti al consumo o alla produzione, anticipi fatture, mutui, eccetera. Sono problemi grossi. Ma è una forma di economia malata, e magari provo a parlarne un'altra volta.
La cosa mi ha (non troppo) sorpreso, se una persona con un bilancio familiare non riesce a tirar fuori 200 euro l'anno in una sola rata vuol dire che non ha 200 euro da parte, e allora sarebbe il caso che non si abboni a Sky (o a qualcos'altro, se Sky per lui è importante), la prima modesta tegola che gli capita si ritrova in rosso, e ben che vada paga uno sproposito di interessi passivi.
I risultati purtroppo li vedo da un altro lato, quello del microcredito. Buona parte dei clienti del microcredito sono persone che si sono ritrovate in rosso per accumuli di piccoli prestiti, e tante piccole rate fanno una rata grossa. E una parte del lavoro di accompagnamento sta nell'insegnare a gestire queste cose.
Ma anche da un punto strettamente economico è un controsenso. Innanzitutto pagando in un'unica rata di solito ti fan un po' di sconto, e poi ogni pagamento ha un costo, anche minimo: mettiamo sia un euro per pagamento ti ritrovi comunque a fine anno ad aver pagato almeno una decina di euro in meno. E il potersi permetterlo dipende da un bilancio tra quel che guadagni e quel che spendi, che non dipende dal pagare in un'unica rata. Io tengo un bilancio di tutto quel che spendo, e alla fine dell'anno vedo se il conto in banca (o sotto il materasso, se non mi piacciono le banche) è aumentato o diminuito, cerco di capire perché, e ne tiro le conseguenze.
Comperare a credito ha senso in molti casi: se devo acquistare un'auto, o una casa, di solito non posso aspettare i 5, o 20 anni che mi servirebbero a metter via il capitale necessario. Se poi devo mettere in piedi un'attività se non chiedo un prestito non posso partire, e quindi mettere via i soldi che mi servirebbero. Ma è un servizio che pago, salato. Se ne posso fare a meno è sicuramente meglio. I mutui sulle case sono una spada di Damocle sulla testa della gente, chi ha un mutuo trentennale quando incontra chi parla di uscire dall'euro gli sputi immediatamente negli occhi, con una conseguente inflazione al 10% (se va bene) la rata del mutuo triplicherebbe. E quindi pagare a rate il televisore 37 pollici, le vacanze alle Maldive, il pranzo di nozze o Sky singifica pagare molto più care delle cose che non ci servono subito. Saltiamo le vacanze un anno, mettiamo via quei soldi, e l'anno prossimo alle Maldive ci andiamo con il 10% di sconto (il costo del finanziamento che non abbiamo usato).
Lo so, il mondo oggi non funziona così. La gente non arriva al 27. Ma ogni volta che comperiamo qualcosa a rate significa che non possiamo permettercelo, non ora almeno. Se non posso permettermi di far studiare i figli, di comperare da mangiare al supermercato, posso essere costretto a chiedere prestiti, ma forse per Sky non è il caso. Ed è pure vero che per molte persone il "poterselo permettere" si confronta solo con quel che hai nel portafogli ora, se hai 20 euro vuol dire che puoi permetterti qualsiasi cosa che costa 20 euro, anche 20 euro a rata, anche se magari a fine anno sono 240 o se non ti avanza niente da parte. E finché il portafogli non è vuoto, puoi continuare a spendere. Ma il mio amico di Sky è laureato, sa fare i conti, e in fondo i nostri nonni ci arrivavano.
E poi se non spendi chi produce non vende. L'economia non gira. L'80% dei soldi che girano sono soldi prestati da qualcuno a qualcun altro, crediti al consumo o alla produzione, anticipi fatture, mutui, eccetera. Sono problemi grossi. Ma è una forma di economia malata, e magari provo a parlarne un'altra volta.