venerdì 10 aprile 2009

Elefanti nella stanza

Ieri sera, a Livorno, ho assistito alla presentazione del libro "La vita dopo il petrolio".

Durante la serata, è apparso in modo ricorrente un elefante, metaforico ma stracitato, tanto che alla fine c'era qualcuno che si chiedeva se si fosse nascosto dietro agli scaffali della libreria. Perché il picco del petrolio è qualcosa che una volta che l'hai notato non riesce a nascondersi, come un elefante presente in una stanza. Che nessuno però riesce, o vuole, vedere.

La nostra civiltà si basa sul petrolio. Siamo quasi 7 miliardi perché il petrolio ci permette di coltivare con rese molto maggiori, su estensioni minori. Perché ci permette di vivere a lungo, con una minor fatica fisica, medicine, riscaldamento, ecc. Ma è anche una risorsa finita. E quindi prima o poi (più prima che poi) inizierà a non bastare, forse i casini che stiamo vivendo sono solo le prime avvisaglie dei guai che stanno arrivando. Il picco del petrolio è questo, è il dato di fatto che la crescita continua basata su risorse energetiche sempre maggiori, anche se è la storia dell'ultimo secolo, non rappresenta il nostro futuro. Probabilmente neppure il nostro futuro prossimo.

Non è solo questo. Ugo Bardi ci ha ricordato come i sistemi sociali siano complessi, con tante cose che dipendono da altre in una rete in cui è difficile capire "istintivamente" cosa stia succedendo. Non ci sono cause ed effetti chiari, un po' come quando corteggi una ragazza (o un ragazzo), niente è scontato o prevedibile, devi tuffarti nella complessità e gestirla in modo elastico.

La crescita della popolazione è ormai ben oltre le capacità di sostentamento della Terra, oggi un terzo della biomassa totale dei vertebrati terrestri è costituita da "homo sapiens", e i restanti due terzi da animali domestici, con la fauna selvatica che si limita a qualche percento. Questo ci ricorda che, anche se non si vuol diventare vegetariani, non sarebbe una cattiva idea limitare i consumi di carne, almeno qui da noi (la pastorizia nomade in molte zone è una necessità, nei sistemi complessi le ricette semplici uguali per tutti non funzionano).

Ma è difficile vedere l'elefante. Livorno si sta decidendo della costruzione di una gigantesca piattaforma in mare, per far attraccare navi mastodontiche che tra vent'anni non avranno il petrolio per andare. Si progettano strade, autostrade, come se tra vent'anni le auto ci saranno ancora come oggi, "del resto bisogna pur fare qualcosa no?" che immobilisti questi ambientalisti. Non si riesce a pensare a una realtà diversa dall'attuale, forse perché ci si rende conto che se fosse così sarebbe un bel guaio.

Il guaio è che le cose da fare ci sono, tante, e non i ponti sugli stretti. Toufic El Asmar racconta del loro piccolo progetto, un trattore elettrico che va senza petrolio, funzionerà attaccato ad una pensilina fotovoltaica, 8 ore di autonomia, fa quello che fa un piccolo trattore da 45 cavalli. Non cose enormi, ma permette di continuare a produrre cibo. Occorre potenziare l'eolico, dove c'è vento. Senza divieti di un certo ambientalismo. Occorre ragionare seriamente sulla sovrappopolazione, senza soluzioni "cinesi", ma dando gli strumenti per una salute riproduttiva a tutte quelle donne che la desiderano. Da cattolico che dice queste cose da quasi 40 anni (in una famiglia di 8 persone certi temi li senti presto...) mi sono sentito sprofondare, le nostre colpe sono enormi.

Io i miei pochi soldi li sto investendo in energie rinnovabili, progetti come il progetto Kitegen, o cooperative di autoproduzione di energia. E tanti esperimenti per cercare di ridurre al massimo i consumi, quelli che racconto ogni tanto in questo blog.

Tanti giovani. Una ragazza si chiede come fare a far passare questi temi, la TV dice esattamente l'opposto. Un'altra non aveva mai sentito di questi temi prima di leggere il libro.

Tante le cose che non sono state dette, o solo accennate quando ci sarebbe voluta una serata per ciascuna. Ho passato la sera a scorrerle nella testa. Gli intrecci con il modo finanziario. Le città a misura di auto. L'acqua, che scarseggerà già qui, ma ancor più dove è già scarsa oggi. E quindi immigrazione, che nessun accordo con la Libia e nessuna ronda fermerà. Il pane a 8-10 euro al chilo. Il sistema pensionistico che io mi posso tranquillamente scordare.

Insomma, l'elefante, nella mia stanza, è entrato un paio di anni fa e non ne è più uscito. Devo farci i conti da qui in avanti, anche se non so bene come. Cosa tipica, quando sei dentro un sistema complesso...

6 commenti:

markogts ha detto...

Ciao Gianni! Troppi argomenti hai toccato, non ho tempo di commentarli tutti. Mi ha molto colpito però il tuo discorso sulla sovrapopolazione. E' un po' che non ne sento più parlare, negli anni '80 mi sembrava molto più in voga. Ma cosa intendi esattamente per "nostre colpe"? Le colpe della Chiesa? Le colpe dei cattolici? Di chi fa figli? Di chi fa troppi figli? Mi interesserebbe conoscere meglio l'opinione di uno scienziato cattolico (se posso definirti così) sul tema.

Io penso che sette miliardi siano semplicemente insostenibili, soprattutto se si pensa che i danni ambientali attuali sono stati creati sì e no da un miliarduccio di persone.

Gianni Comoretto ha detto...

Be', questo significa che non sei un giovincello neppure tu.

I discorsi sulla sovrappopolazione sono più o meno degli anni '70, vennero trattati in modo serio dal gruppo de "I limiti dello sviluppo", e poi vennero bollati a seconda dei quadri di riferimento come
- egoismo dei ricchi occidentali che vogliono una vita di comodità e non si sobbarcano la palla di allevar figli
- eurocentrsmo(la densità di popolazione in Europa e' tra le più alte del mondo)
- giustificazione del capitalismo per inquinare sempre di più dando la colpa della crisi ecologica ai paesi emergenti
- complotto della case produttrici di anticoncezionali alla ricerca di nuovi mercati

Tutte queste cose sono senz'altro vere, ma il punto è che sette miliardi sono insostenibili. Occorre SIA limitare l'impronta ecologica del miliardo che fa i danni, che la base di persone che inevitabilmente deve consumare risorse per campare.

Nel mondo cattolico questa presa di coscienza era timidamente stata avanzata nei documenti dell'apposita commissione del Vaticano II, di cui resta traccia nell'introduzione all'"Humanae vitae". Ma quelle conclusioni vennero rovesciate da Paolo VI, che ribadì la dottrina tradizionale: il controllo demografico è un peccato, solo in casi eccezionali si possono usare metodi di controllo "naturali". E chiunque abbia sostenuto posizioni differenti (di fatto tutti i laici, vista l'attuale natalità) ha dovuto farlo in modo "carbonaro", rischiando accuse di eresia.

In parte si è riletto quell'enciclica solo come una condanna dei metodi "non naturali". Con degli assurdi logici che nessuno sembra vedere, tipo che si sostiene che questi metodi sono preferibili perché lasciano aperta la possibilità di procreare, ma sono allo stesso tempo sicurissimi, anche meglio di quelli "non naturali".

Questo ha frenato di fatto, assieme ad analoghe posizioni delle gerarchie islamiche, qualsiasi tentativo serio di controllo demografico, basato su una corretta (e rispettosa) educazione delle donne all'igiene riproduttiva, e la disponibilità per queste di metodi adeguati.

Per me queste sono le nostre colpe. Delle gerarchie, per aver preferito la fedeltà a dottrine formulate in condizioni molto diverse ad una fedeltà ai principi di fondo dell'amore per il prossimo. Dei fedeli, per aver praticato una disubbidienza sistematica a queste dottrine, senza però mai il coraggio di sostenere le proprie ragioni.

T. Fulvio ha detto...

Il problema è riuscire a far capire alle persone, hai politici, che la vivere con un uso più accorto delle risorse non significa necessariamente vivere peggio.

Ormai però temo che non lo capiremo mai. O meglio, lo capiremo quando sarà troppo tardi.

Credo anche ci sia una colpa di un certo ecologismo catastrofista.

Non puoi dall'oggi al domani dire alla gente "non usare l'auto", non fare la doccia tutti i giorni ecc...
Si è preferito il sensazionalismo all'educazione. Certi allarmi ho hanno riscontro il giorno dopo o la gente li rimuove.
Forse alla fin fine saranno proprio le industrie a salvarci. Qualche avvisaglia c'è. Vedi crisi dell'auto americana.
Ma non per nulla ci sono già i politici che dicono che sono tutte balle.

Come si chiamava già quella teoria sulla rigenerazione naturale del petrolio...?

7 miliardi è un numero che fa paura.
Specie se si pensa che ad esempio la pianura padana, ad esempio, potrebbe sostenere una popolazione di cacciatori/raccoglitori di non più di 200.000 persone. (non ricordo la fonte)

markogts ha detto...

Teoria abiotica.

Il catastrofismo forse è necessario per far muovere il culo ai fannulloni, ma rischia di far deprimere i più sensibili (come me).

Restando in tema: secondo voi è tempo di ridurre drasticamente il consumo di carne?

Gianni Comoretto ha detto...

Sui cacciatori/raccoglitori. Senza agricoltura, hai bisogno di un bel po' di territorio per campare. Ma non campi malaccio, lavori 4-5 ore al giorno, contro le 8 attuali.

Sul consumo di carne. Un po' di carne e' essenziale nel sistema ecologico agricolo (o di cacciatore/ raccoglitore), gli erbivori convertono erba in proteine, e producono fertilizzante naturale. Nel sistema industriale attuale e' un disastro, usi circa 5-10 volte le risorse che servono per avere le stesse calorie "vegetariane", e produci una quantità di rifiuti azotati da far rabbrividire.

Diciamo che usare la carne come "condimento" e' ecologicamente sostenibile (e dieteticamente vantaggioso). Ovviamente non sto facendo il discorso etico sul fatto se sia giusto uccidere per nutrirsi, quello lo lascio alle convinzioni di ciascuno.

Sul catastrofismo. E' vero, colpevolizzare qualcuno e' una pessima strategia, finisce che chi dovrebbe riflettere si chiude a riccio e ti manda a quel paese (con le sue buone ragioni). Ma e' comunque difficile far riflettere.

brain_use ha detto...

Mi era scappato questo post davvero interessante.

Personalmente è da un bel po' che vado ripetendo che è ora che l'animale uomo si abitui a un tenore di vita più sostenibile.
E ad evitare di moltiplicarsi come criceti.

Nei criceti, ovviamente, la cosa ha un senso in quanto sottoposti a pesantissima selezione naturale. Negli umani la selezione naturale è quasi totalmente assente nei paesi avanzati e in fase di graduale abolizione in quelli in via di sviluppo.
Ergo...

Quoto in sostanza tutte le conclusioni di Gianni, comprese quelle sulla dieta equilibrata.

A proposito, una curiosità: quando ci si chiede se sia giusto uccidere per nutrirsi si fa riferimento esclusivamente a viventi dotati di sistema nervoso centrale, o sbaglio? ;)