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lunedì 28 dicembre 2009

E questo è il vicepresidente del CNR?

Viviamo in un paese libero, ciascuno può credere a quel che gli pare: che la Terra sia piatta, che la Luna sia fatta di formaggio, e persino che sul nostro pianeta ci sia vita intelligente. Ma si spera che chi lavora in un ente in cui il metodo di lavoro utilizzato è quello della razionalità scientifica applichi questo metodo almeno al suo lavoro. O cambi mestiere.

Quindi vedere un convegno, organizzato nientepocodimeno che dal vicepresidente del CNR Roberto De Mattei, in cui si sostengono le tesi più balzane mi fa letteralmente cascare le braccia (quelle rotonde). E a peggiorare le cose il contributo di fondi pubblici (9400 euro), sottratti alle ricerche vere.

Cominciamo con l'evoluzionismo. Lo so, non è facile da digerire, ma che gli organismi viventi derivino da antenati comuni, in una catena evolutiva, è un dato di fatto. Se si toglie questo niente in biologia funziona più. La genetica, la paleontologia, la distribuzione geografica delle specie, i meccanismi biochimici, la struttura anatomica degli organismi viventi han senso soltanto se esiste l'evoluzione. Abbiamo assistito ormai a diversi episodi di speciazione, nuove specie di animali che in tempi storici non esistevano e che si sono evolute da specie note. Possiamo mappare il DNA di entrambe e vedere quali modifiche sono avvenute.

Possiamo discutere sui meccanismi, ma il dato di fatto, evidente come è evidente che la Terra gira attorno al Sole (altra cosa non facile da digerire), è che le specie evolvono. E che la selezione naturale è l'unica teoria che possiamo ragionevolmente ipotizzare per spiegare questo fatto(1).

Ma l'evoluzione non è l'unico fatto che è stato negato in quel convegno. C'era chi sosteneva che la Terra ha solo 6000 anni (alcuni arrivano ad ammettere ne abbia qualche milione) che c'è stato davvero un grande diluvio che ha formato il Gran Canyon e spazzato via i dinosauri, e che questi avrebbero convissuto con i nostri antenati(2). Insomma vanno a farsi friggere non solo la biologia (con tutti i vari rami: zoologia, botanica, paleontologia, genetica, ecc.) ma anche la geologia, l'astronomia (le "prove" di una Terra giovane sono anche astronomiche), la fisica (per i processi di decadimento radioattivo che si usano per datare le rocce). Dovremmo chiudere il CNR, covo di pericolosi miscredenti che minano la vera scienza, sostenendo cose tipo che i dinosauri si siano estinti 65 milioni di anni fa.

In ogni comunità ci sono persone che sostengono cose, diciamo, singolari. In alcuni casi è semplicemente ignoranza (solo uno dei partecipanti al convegno era un biologo, e non si occupa di evoluzione). E quindi uno storico come De Mattei può dire che la formazione di una nuova specie è impossibile (perché ignora come funzioni). Nelle interviste rilasciate in seguito si capisce anche bene le motivazioni di queste convinzioni, per il tipo di fede di De Mattei è essenziale credere che le dottrine tradizionali (di 100 anni fa) sulla creazione dell'uomo siano corrette. Vede ogni ammissione riguardo la scienza come relativismo. Non riesce a capire come uno scienziato del calibro di Cabibbo, presidente della Pontifica Accademia delle Scienze, possa credere all'evoluzione. E, come succede spesso, se i fatti non si adattano alle tue convinzioni filosofiche basta fingere che i fatti siano altri(3).

Per carità, uno può essere una bravissima persona (non ho dubbi a riguardo), e credere con tutto il proprio cuore che il racconto della Genesi sia sostanzialmente reale, che Adamo ed Eva siano persone realmente esistite e realmente create dal Padreterno. Senza porsi il problema del perché condividiamo quasi tutto il patrimonio genetico con gli scimpanzé, inclusi alcuni fastidiosi difetti e una disposizione dei geni nei cromosomi che indica chiaramente una derivazione comune. Può pure essere un bravissimo storico(4).

Ma se vuol proprio dimostrare di anteporre le sue convinzioni personali alla scienza, che ci fa alla vicedirigenza di un intero ramo della ricerca italiana?(5)

Aggiunta Per qualche altra considerazione rimando al blog della divagatrice.

Le solite note a pie' di pagina
(1) Nel linguaggio scientifico la parola "teoria" indica un insieme di ragionamenti che spiega nel migliore dei modi, con ottima probabilità di essere in buona parte corretta, alcuni fatti. È qualcosa che è stata esaminata a lungo, e che ha superato tutte le obiezioni mossegli. Non ha senso dire "è solo una teoria, una supposizione che non è ancora stata provata". Quella, nel linguaggio scientifico, è un'ipotesi, non una teoria. Definireste "una supposizione" la teoria della gravità, o la teoria dell'elettromagnetismo (su cui si basa il computer che state usando)?

(2) Un po' degli argomenti dei sostenitori della Terra giovane, e relative obiezioni, si possono trovare qui.

(3) Sui rapporti tra cristianesimo e darwinismo ho scritto qui. Un sunto si trova anche su: G. Comoretto: I rapporti tra cattolicesimo ed evoluzione, Scienza e paranormale, n. 74 (2007). Qui qualche mia considerazione generale su scienza e religione.

(4) Però io non faccio convegni per dimostrare che Napoleone è un'ipotesi filosofica e non storica, e che in realtà non è mai esistito.

(5) Anche per non fare l'ennesima figura di palta davanti al resto del mondo.

domenica 16 agosto 2009

scienziati pazzi (2)

Nel precedente post ho introdotto, con alcune considerazioni molto generali, il libro di Silvano Fuso "I nemici della scienza". Oggi vorrei parlarne un po' più in dettaglio, tralasciando il capitolo sull'antiscientismo filosofico, di cui non mi sento per niente competente.

Il libro affronta gli atteggiamenti antiscientifici della religione (o meglio di un certo modo di vivere la religione) e di un certo ambientalismo. Siccome mi definisco sia ambientalista che religioso, sono abbastanza suscettibile su questi temi. Ma, a parte alcuni scivoloni nel campo ambientalista, ho trovato l'atteggiamento di Silvano molto rispettoso e serio.

Nel capitolo sull'antiscientismo religioso (quello sull'ambientalismo lo rimando al prossimo post) il libro racconta una lunga serie di orrori di cui mi sono già occupato anche in queste pagine. In definitiva il problema è che per molti religiosi il proprio credo non è semplicemente quello che, con umiltà e consapevolezza dei propri limiti, si è valutato il migliore, ma quello che ogni persona dotata di raziocinio ed onestà deve evidentemente riconoscere tale, come l'unico ovvio e sensato. Neppure gli scienziati più innamorati delle loro teorie possono essere così intransigenti, così chiusi ad ogni dubbio come chi ritiene di avere in tasca la VERITÀ (tutta maiuscola, ovviamente).

Le conseguenze di questo sono chiaramente che in qualsiasi contrasto tra scienza e fede debba per forza essere la prima a sbagliare. Per fortuna la Chiesa Cattolica ha smesso di fare troppe affermazioni con valenze scientifiche, ma il terreno di scontro rimane, su tanti temi. Quattro pagine del libro riportano un mio articolo, tratto da queste pagine, sul rapporto ancora teso tra una parte della Chiesa Cattolica e l'evoluzionismo. Si parla di miracoli, che nel caso della vera fede sono prove inconfutabili, e naturalmente biechi imbrogli nel caso di tutte le altre.

Per la gerarchia cattolica, la scienza è vista comunque come una forma di conoscenza secondaria. Non è un vero sapere, tanto che viene considerata di striscio nell'enciclica sul pensiero razionale, "Fides et ratio". Certo, è utile, ci fornisce tante comodità, ma non sembra essere vista come una vera minaccia, semmai è la filosofia materialista che può usare la scienza per dire che non c'è altro. L'idea che possa comparire una verità scientifica che dimostri la falsità di qualche dogma, o interpretazione, o dettame morale, non passa neppure per la testa. Eppure succede, per esempio il dogma del peccato originale, nella formulazione attuale, presuppone l'esistenza di una prima coppia umana, cosa che in biologia evoluzionista semplicemente non ha senso. La creazione biblica viene considerata compatibile con il Big Bang, secondo me in modo non del tutto fondato, ma il concetto di "fine dei tempi" non ha nessun senso, nella cosmologia che conosciamo.

Ho sentito diversi teologi parlare di queste cose, e bastano veramente ritocchi per evitare problemi. Sono convintissimo che rivedere i concetti di creazione, peccato originale, escatologia, alla luce di quel che ci dice la scienza non possa che arricchire la fede, ma occorre rivedere il dogma fondamentale della dogmatica, quello che afferma che i dogmi sono certi ed immutabili, in ogni dettaglio. Un teologo una volta in una conferenza sull'evoluzionismo disse proprio questo, che voleva per la Chiesa il diritto di poter sbagliare, di poter dire "questo che abbiamo sostenuto finora è una cavolata, ora ci siamo resi conto che occorre cambiare idea".

Per ora quel che viene fatto è semplicemente ignorare il problema: pochi hanno le conoscenze, da un lato o dall'altro, per accorgersene. La maggior parte dei teologi non sa di scienza, e come dicevo la considera un insieme di teorie, conoscenze incerte. Gli scienziati, anche cattolici, adattano le proprie credenze senza troppi problemi e non si occupano di dogmatica. Insomma, di certe cose è saggio non parlare.

Da quel po' che ho visto il problema è molto peggiore nell'Islam. La scienza islamica è stata il faro della civiltà fino almeno al 1300 ed anche oggi scienziati illustri sono musulmani. Per il pensiero islamico ogni atto è frutto diretto della volontà di Allah, e le leggi scientifiche non sono che il riflesso della regolarità del suo agire. Lo scienziato quindi studia come Allah vuol governare il mondo, un compito senz'altro nobilissimo, e siccome qualsiasi cosa scopra non è che la Sua libera volontà non ci sono vincoli, o conflitti, tra scienza ed Islam. Almeno fino a quando qualcuno stabilisce, ad es. leggendo il Qran, come Allah vuol comportarsi. Il problema è che lo han già fatto in molti.... Lascio al libro il compito di illustrare i risultati di questa tendenza nell'Islam odierno, mi limito ad uno degli esempi più eclatanti.

Mi ha colpito per contrasto un dialogo riportato da Sagan tra lui ed il Dalai Lama. Lo scienziato chiedeva cosa sarebbe successo se la scienza avesse scoperto qualcosa in contraddizione con le credenze del Buddhismo. Il Lama rispose che, semplicemente, il Buddhismo avrebbe dovuto adeguarsi e cambiare. Anche se si trattasse di una credenza fondamentale, come ad esempio la reincarnazione. Ma, aggiunse, non credeva che ci fosse un grosso rischio che la scienza falsificasse la reincarnazione.

Il libro tocca poco questi problemi, Silvano si è occupato più di scontri a sfondo morale, e mi sembra abbia fatto a riguardo un po' di confusione. Certamente, una visione dogmatica della morale porta a casini mica male, ma questi influenzano la scienza in modo indiretto, non si tratta di veri "nemici della scienza". Ad esempio il libro parla molto della questione delle cellule staminali, o della fecondazione in vitro. Certamente, sono questioni che si traducono in limiti per la ricerca, o per la terapia, ma il problema sta nel modo assoluto con cui si concepisce la morale. Il confine tra ciò che è uomo e ciò che è un ammasso di cellule non è netto, e il torto della Chiesa è considerarlo tale, in modo estremamente rigido. È un classico modo per sciogliere un nodo con un colpo di spada, anziché cercare di districare i fili con pazienza, ed umiltà. Ma con la scienza mi sembra c'entri poco.

C'entrano invece, eccome, le argomentazioni pseudoscientifiche adottate, e riportate nel libro. Come in molti altri casi simili, quando si ha in tasca la Verità si selezionano le notizie, gli studi, interpretandoli in modo molto libero. Così ogni ricerca sulle staminali non embrionali, anche preliminare e lontanissimo da qualsiasi conclusione, diventa la "prova" che chi vuol far ricerca usando quelle embrionali in realtà è mosso solo da biechi istinti omicidi. E c'entra quando qualche scienziato nota che una lezione magistrale di teologia in un'università laica può non essere opportuna, e di conseguenza riceve diffamazioni in parlamento. E una soubrette si arroga il diritto di giudicarne i meriti scientifici, insultando il fisico premio Nobel con cui il nostro ha lavorato.

C'entra quando si adottano argomentazioni pseudoscientifiche per decretare che l'omosessualità è una malattia (questo da parte di pochi, per fortuna), che l'uomo è ontologicamente differente dagli animali, che i metodi anticoncezionali approvati dalla Chiesa siano strutturalmente differenti da quelli vietati, che la terapia del dolore possa comunque rendere superflua ogni discussione sull'eutanasia, che il profilattico non funziona contro l'AIDS, e tante altre cose del genere. Tutte cose per cui c'è all'interno della comunità dei credenti una discussione, una riflessione, purtroppo quasi sempre sotterranea, che fatica ad emergere perché qualcuno ha già in tasca la Verità. Peccato, perché si tratta di argomenti con tante sfaccettature, in cui anche i cristiani "tradizionalisti" hanno cose non banali da dire. Ci vorrebbe un libro simile scritto da un credente, Silvano si è limitato ad un interessante confronto tra quello che le varie denominazioni cristiane dicono su questi temi.

Aggiungo alla galleria degli orrori l'esperienza del mio amico giornalista Saverio, che ha provato a sottoporsi ad una "terapia" per "guarire dall'omosessualità".

Il libro sottolinea per me una cosa molto importante. La scienza viene vista come qualcosa di utile, ma poco significativo culturalmente. Il valore della scienza è quello di darci medicine (soprattutto), cellulari, auto, non quello di averci fatto capire dove viviamo nell'Universo, come questo funzioni (almeno in parte), averci dato strumenti per una conoscenza parziale, limitata, ma aderente alla realtà al posto di una certa, assoluta, ma del tutto senza basi fattuali.

Anche ci difende la scienza spesso cade in questo tipo di ragionamento. Incidentalmente non sono neppure del tutto convinto che sia un bene che una specie così aggressiva e pasticciona come la nostra abbia in mano uno strumento di conoscenza così potente. Ma se abbiamo un minimo di fiducia nell'uomo, e vogliamo vedere in modo positivo, mi sembra che la ricchezza della scienza non sia il saper costruire i microprocessori. È quella che provo di fronte ad un cielo stellato, una foglia, una formica, e posso vedere le galassie, un cosmo così smisurato che ogni distanza conosciuta sparisce di colpo, le cellule, l'evoluzione che ha prodotto quegli istinti semplicissimi ma perfetti. Ogni visione mitica, ogni tradizione esoterica appare sciocca, banale a confronto della ricchezza del mondo come è. E in cui la scienza ci permette di sbirciare.