domenica 29 maggio 2016

Il Popolo Unico, o il tunnel di Wile E. Coyote

Da qualche tempo gira in rete una nuova follia. Con un appeal notevole, in questi tempi difficili, visto che suggerisce che puoi legalmente non pagare tasse, multe e debiti. Un po' come l'uscita del tunnel di Wile Coyote, con lo stesso problema di essere solamente dipinta sulla parete.


Mi riferisco alla "Nazione del Popolo Unico", in inglese One People's Public Trust, abbreviata in OPPT, più comunemente indicato come movimento sovranista. (Aggiunta, 31/10/2016) Un commentatore mi fa presente che il movimento italiano del Popolo UNico ha preso le distanze dall'OPPT, definendola una evidente bufala. Non sono riuscito a capire quali affermazioni dell'OPPT vengano contestate, e quindi è possibile che alcune delle cose dette qui sotto non siano effettivamente sostenute dai sovranisti italiani. Ma quasi tutte, e il quadro generale, sì.  

Come al solito comincio con un breve riassunto. Per chi non ha mai sentito parlare di OPPT o di UCC, si tratta in breve di una supercazzola legale brematurata come fosse Antani, con cui alcune persone si illudono di poter non pagare tasse, multe, rate del mutuo se usano le giuste formulazioni giuridiche.Gli Stati ti fregano, ti nascondono l'energia infinita e la cura sul cancro, ti avvelenano con le scie chimiche, ma di fronte ad una dichiarazione in carta bollata sono impotenti, è una sorta di cheat code del mondo reale.

Per chi invece già la conosce, devo dare una brutta notizia: non funziona. Le cose che si trovano scritte nei vari siti dell'OPPT sono semplicemente false. Le affermazioni che seguono dovrebbero essere ovvie, ma le ripeto per completezza.
  • Lo Stato italiano non è stato pignorato (non ancora, almeno), e non è stato sostituito da una S.p.A.
  • L'UCC (Uniform Commerical Code) non ha nessun valore in Italia, e pure negli USA non funziona come scritto in quei siti.
  • Dichiararsi Legale rappresentante di me stesso non serve a nulla, lo siete già; lo sanno tutti che siete ancora in vita, e quindi la dichiarazione non vi dà nessun diritto in più di quelli che già avete.
  • Nessuno ha da qualche parte un conto di migliaia di euro intestato a voi, e nessun documento o procedura legale quindi ve lo farà riavere.
  • Uno può dichiarare quel che gli pare: di essere imperatore della Cina, o Gran Mogol della Confederazione Galattica, ma nessuno è tenuto a dargli retta.
  • Niente che possiamo scrivere su un pezzo di carta ci dà maggiori diritti di quelli che abbiamo. In particolare non possiamo smettere di pagare le tasse, le multe, o i debiti.
  • Se vi protocollano una dichiarazione, questa rimane un pezzo di carta senza nessun valore.  
  • Se non rispondono ad una vostra dichiarazione, l'hanno semplicemente cestinata e rimane un pezzo di carta senza valore: nessuno ha l'obbligo di rispondervi se non quando espressamente detto.
  • Una multa, una cartella esattoriale, l'IVA non sono contratti che potete rifiutare.
  • Per essere obbligati a pagare qualcosa non è necessario aver firmato un contratto. In particolare non per le multe. 
  • Comunque venga scritto il nome, minuscolo o maiuscolo, si riferisce sempre alla stessa persona, a voi, non ad entità legali immaginarie.
  • Se rifiutata una cartella esattoriale, se anche riuscite a confondere il postino od il vigile, la multa o la rata da pagare rimangono. Prima o poi riceverete la visita di un simpatico signore che ha diritto ad entrare a casa vostra, anche con la forza, e a portarvi via anche le mutande, per vendere il tutto all'asta (a poco) e pagare così debito, spese ed interessi.
  • Se ricusate il giudice e rinunciate ad un difensore il massimo che potete ottenere sono le attenuanti per seminfermità mentale.
Lo so, difficile credere, con un minimo di buon senso, alle affermazioni che smentisco qui sopra. Purtroppo se uno ha problemi di soldi e qualcuno gli racconta che  scrivendo le parole giuste su un pezzo di carta questi problemi spariranno, è naturalmente portato a crederci, finendo per pagarne (salate) le conseguenze. Per questo si tratta di cose molto pericolose, sicuramente molto più delle scie chimiche.

Per affrontare le argomentazioni in pseudolegalese dei sostenitori dell'OPPT occorrerebbe un esperto di diritto. Qualcuno ci ha provato (se volete trovate qui un esempio), ma ad un non esperto, come me, la cosa risulta decisamente pallosa. E direi superflua. Per cui provo a descriverla in termini non rigorosi, ma forse un po' più accessibili. Inoltre non ho parlato di un sacco di "strumenti giuridici" adottati dai nostri eroi, per evitare di far notte.

Le origini

La faccenda è nata negli USA, con il movimento dei Freeman on the Land, con lo scopo dichiarato di evitare di pagare le tasse, e difatti tutti i richiami legali sono legati al diritto anglosassone, o a leggi statunitensi. Ma sta prendendo piede anche in Italia, una ricerca su Google riporta 49 mila pagine sull'argomento.

Secondo i sostenitori di questa teoria gli Stati non esistono, sono stati surretiziamente sostituiti da enti commerciali. Difatti troviamo molti stati elencati nel registro del SEC, un ente statunitense che regola il commercio all'interno dell'USA. Questo è abbastanza ovvio, gli Stati hanno bisogno di servizi, e quindi operano anche come enti commerciali. Se la vostra ditta di pulizie lavora per un ministero, volete un bel contratto e quindi lo Stato, in quel momento, è per voi un ente commerciale. Ma quando quel ministero produce un decreto, non lo è più, è un organo pubblico che è una cosa diversa.

Siccome negli USA gli enti commerciali devono sottostare (in vario grado, non è così assoluta come fan credere) alle regole dell'UCC, i nostri han pensato di applicarle alle relazioni tra Stato e cittadini.

Ogni relazione commerciale deve essere bilaterale, con un contratto, e quindi in assenza di un contratto esplicito e sottoscritto dal cittadino si sentono esonerati a pagare le tasse, o le multe. C'è da discutere pure sulla premessa, ci sono contratti impliciti che ci assumiamo anche senza firmarli (es. le spese condominiali, siamo tenuti a pagarle nel momento in cui acquistiamo un immobile), ma visto che lo Stato non è un ente commerciale, e che una multa, ad esempio, non è un pagamento a fronte di un servizio, devo pagarla comunque a prescindere.

L'UCC prevede che in caso di contestazioni sui contratti puoi sollevare le tue obiezioni, che se non ricevono risposta entro 30 giorni si intendono accolte (silenzio assenso). Quindi loro hanno inviato una lettera in pseudolegalese agli Stati in cui li dichiaravano sciolti, e non avendo mai avuto risposta la ritengono effettiva. Gli Stati non esistono più. In altre parole io ti scrivo una lettera in cui dichiaro che la tua casa è mia, tu cestini la lettera ritenendomi giustamente un po' tocco, e io credo a questo punto di avere la proprietà di casa tua. Sicuro.

Il tutto ovviamente varrebbe anche per le loro comunicazioni ai creditori. Quindi se io scrivo ad una banca, magari per la quattordicesima volta, che i soldi che mi han prestato non esistono e non sono tenuto a renderli, e loro, esausti, cestinano il tutto, quella lettera ha valore come annullamento del debito. Il tragico è che quando la banca passa la pratica ad una ditta di recupero crediti, il sovranista medio lo considera un successo.

Certificato di nascita e uomo di paglia

Le cose si fanno via via più complesse quando si ragiona sullo stato giuridico delle persone. Secondo i nostri gli Stati ci trufferebbero in un modo molto sottile, usando come moneta la nostra stessa esistenza fisica. Ciascuno di noi ha un piccolo tesoretto di alcune centinaia di migliaia di euro, che nessuno ti dice esistere (forse perché non esiste proprio?) e quindi gli Stati/SpA si intascano il malloppo, visto che nessuno lo reclama. Se usi la carta di identità o il codice fiscale, perdi automaticamente il diritto al rimborso. La prova di questo sarebbe il certificato di nascita. Per come è redatto, secondo loro, indica chiaramente che non si riferisce a te (Mario Rossi), ma a un'entità astratta o uomo di paglia (MARIO ROSSI, tutto maiuscolo), una finzione giuridica che viene ceduta in proprietà allo Stato SpA, che a sua volta lo usa in pegno per avere un prestito dalle banche centrali. Differenziando le due grafie, sostengono inoltre che qualsiasi documento (es. un'ingiunzione di pagamento) con il nome scritto tutto maiuscolo non si riferisca a loro, e possa quindi essere ignorato.

Quindi i nostri per prima cosa fanno una dichiarazione di essere il legale rappresentante di sé stessi e di essere ancora in vita (non si sa mai), e se la fanno protocollare in Comune. Il protocollo è qualcosa che serve a registrare un documento, in modo un po' meno ufficiale (ma più economico) di un atto notarile, ma comunque non entra nel merito di quel che c'è scritto. Io posso protocollare una dichiarazione in cui affermo di essere stato promosso Grande Imperatore Galattico, il che sicuramente farà storcere il naso agli impiegati comunali ma non mi rende un sovrano interstellare.

I sovranisti in pratica

Sono state fatte class action in cui si richiede il rimborso dei soldi del tesoretto di cui sopra (quella in Italia richiede una donazione di almeno 700 euro per aderirvi). Non riconoscono i documenti (es. la patente), e se ne fanno di loro. Non riconoscono il codice fiscale, perfido strumento per farti perdere i diritti di persona libera. E quindi hanno qualche problema con gli allacciamenti della luce e del gas. Il bello è che fan causa ai gestori per non aver accettato i "loro" documenti autostampati. Dagli stessi giudici di cui rifiutano l'autorità. Perché il diritto ad avere una lavatrice funzionante fa parte dei Diritti dell'Uomo.

Considerano un successo, e quindi una prova che han ragione, ogni ritardo nel pagamento di una multa, ogni postino che se ne va perplesso, ogni giudice che sospende il processo sgomberando l'aula. Peccato che il mancato recapito di una ingiunzione, o la mancata accettazione di un avvocato, non servono a fermare le azioni legali. Magari più tardi ma il conto arriva, con interessi salati. Qui siamo ancora agli inizi, ma negli USA questa gente si è vista portar via la casa per pagare i debiti che "non esistevano". Uno di questi, disperato, ha tentato di ammazzare il giudice che non aveva sentito le sue ragioni. Nessun Freeman ha mai vinto un processo o evitato di pagare qualcosa, ma in compenso diversi di loro si sono fatti i loro bravi anni di galera.


Quindi se volete credere alle scie chimiche fate pure. Ma se sentite parlare di UCC o OPPT o di "Popolo unico" il consiglio, disinteressato ma appassionato, è quello di non cascarci.

martedì 12 aprile 2016

Referendum, trivelle e global warming

Domenica andrò a votare per il referendum, per il semplice e banale fatto che votare è un diritto conquistato con il sangue dai nostri genitori, o nonni, e non voglio in nessun caso che questo diritto venga svuotato per calcoli di convenienza di una o l'altra parte. Quindi uno può votare in un modo o nell'altro, o astenersi annullando la scheda, ma andare a votare è un dovere, perché resti un diritto.

Anche se ho una mia idea, che cercherò di esporre qui, non intendo certo togliere il saluto a chi la pensa diversamente. Soprattutto se lo ha fatto con un ragionamento, che posso anche non condividere, ma che comunque rispetto. Non ho tanto rispetto invece per chi mi accusa di incoerenza perché non vivo nelle caverne, o non rinuncio completamente agli idrocarburi: il referendum non è su questo.

I fatti

Comincio con qualche dato. Il referendum parla di concessioni di sfruttamento di giacimenti che siano a meno di 12 miglia dalla costa, impedendone il rinnovo al termine della concessione attualmente in vigore. Le concessioni di cui si parla sono 17. Altre 9 concessioni, appena rinnovate, continueranno l'attività per 30 anni circa in ogni caso.

Le 17 di cui sopra scadranno progressivamente quasi tutte nei prossimi 3-4 anni, e nel 2015 han prodotto 1,21 miliardi di metri cubi di gas, circa il 17,6% della produzione nazionale (il 2,1% dei consumi 2014). Tra queste, 4 concessioni hanno permesso anche una produzione di petrolio pari a 500.000 tonnellate, circa il 9,1% della produzione nazionale (0,8% dei consumi 2014). Queste concessioni, nel caso vincano i SÌ al referendum, non potranno essere rinnovate, e potranno essere prorogate solo in casi eccezionali.

In generale le concessioni sfruttano perforazioni esistenti, ma non impediscono di fare nuove prospezioni, o di installare nuove piattaforme all'interno di una concessione esistente. Questo è esplicitamente previsto almeno per due concessioni. Nella cartina qui sopra si vede la modifica delle regioni dove esistono concessioni.
Produzione delle concessioni oggetto del referendum. L'anno di scadenza è indicato in didascalia. Fonte: DGRME-MISE elaborata da ASPO

La produzione di queste concessioni è in calo da anni. Il picco di produzione di gas, oltre 5 milioni di mc, è avvenuto per questi giacimenti nel 1998, e almeno dal 2005 la produzione sta calando, dimezzando ogni 5 anni circa. Quindi, referendum o no, in una decina d'anni la produzione sarà grossomodo 1/4 dell'attuale. Ed è abbastanza facile prevedere che una quota delle concessioni non verrà comunque rinnovata, per le rese troppo basse.
Produzione totale offshore degli ultimi 50 anni, e fit con una curva logistica. Abbiamo già estratto il 90% del gas offshore che potevamo estrarre. 
Le concessioni pagano royalties molto basse all'Italia, con una quota elevata di franchigia in cui non viene pagato nulla. Nel 2015 questa quota esente riguardava il 51% del gas e petrolio estratti, e con il calo delle rese questa quota è destinata ad aumentare. Il costo del referendum da solo corrisponde ad alcuni anni di royalties.

Nei prossimi anni dovrebbero succedere anche altre cose. Secondo gli accordi di Parigi sulla lotta ai cambiamenti climatici, ci siamo impegnati a ridurre le emissioni di CO2 del 40% nei prossimi 15 anni, ed entro il 2050 dovremo ridurle ad una frazione dell'attuale. I tagli ai consumi riguardano tutti i combustibili fossili. Il metano produce meno CO2 di petrolio e carbone, e quindi viene spacciato come meno dannoso, ma ha un impatto maggiore dovuto alle perdite nell'estrazione e distribuzione, essendo molto più efficace come gas serra. Alla fine non è meglio del resto. In ogni caso in prospettiva dovremo ridurne i consumi in modo abbastanza celere, se vogliamo rispettare gli impegni presi a Parigi, come si può vedere ad esempio da questo grafico (fonte: proiezione dei consumi energetici italiani, ENEA 2013).

Per riuscire a limitare il riscaldamento globale, quindi, non ci sono alternative a lasciare una grossa quota dei combustibili fossili sottoterra. Per rimanere nei limiti di 2 gradi di aumento della temperatura globale dovremo rinunciare all'80% del carbone, a circa un terzo del petrolio e a metà del metano attualmente sfruttabili. Quindi qualcuno dovrà necessariamente chiudere degli impianti di estrazione nonostante ci siano ancora riserve sfruttabili. È inevitabile, se non vogliamo finire arrosto.

Queste argomentazioni sono esposte da chi si occupa di riscaldamento globale (blog climalteranti) e di esaurimento delle risorse petrolifere (ASPO Italia), ma non si ritrovano granché tra i promotori del SÌ, che puntano invece sull'inquinamento, rischio di incidenti, danni al turismo. Di fatto questi rischi sono molto bassi. Proprio perché i giacimenti sono sfruttati, hanno una pressione bassa e non c'è un reale rischio di fuoriuscite. Le piattaforme non danneggiano l'ecosistema marino, almeno per come sono gestite, e rischi di inquinamento ben maggiori sono rappresentati dal trasporto di gas e petrolio. A fine vita le piattaforme possono servire come base per impianti eolici offshore.

I problemi occupazionali sono molto più complessi da valutare. Il comparto dà lavoro a 11 mila persone, ma nelle concessioni interessate ci lavora solo una parte. In ogni caso il declino dei giacimenti porterà a perdite di posti di lavoro, per cui stabilire quanti ne farebbe perdere il referendum è oggetto di troppe ipotesi ed interpretazioni per essere messo nei "fatti". Almeno da me.

E le opinioni

Fin qui i dati su cui discutere. Sul cosa fare iniziano le opinioni, e le speculazioni, e ovviamente il terreno è molto più scivoloso. Ho amici, anche nelle associazioni citate sopra, che voteranno "no", perché ritengono comunque questa una risorsa strategica, anche se marginale. O perché prevedono effetti negativi di vario tipo.

Cosa succederebbe con una vittoria dei "si", o dei "no"? Molto difficile dirlo. L'ENI probabilmente ha abbastanza voglia di abbandonare il settore italiano, che rende poco (anche se è comunque in attivo), e questo include le piattaforme oltre le 12 miglia. Il referendum potrebbe dare la scusa per farlo. I posti di lavoro nel settore sono comunque a rischio, come dicevo sopra si tratta di giacimenti in esaurimento, che sicuramente non dureranno ancora decenni. Ma dare la colpa al "si'" renderà più facile farlo. Oppure invece potrebbe spingere a una riconversione del settore.

Una vittoria del NO potrebbe sdoganare l'idea che l'Italia sia ricca di idrocarburi, e rilanciare i fantasiosi miti di una indipendenza energetica italiana. Affossando ancora di più le rinnovabili, che ormai soffrono di un attacco a tutto fronte. E chi se ne frega di Parigi e dei cambiamenti climatici, basta recuperare uno o due "diversamente esperti" che ti spieghino che il global warming è una bufala.

In questo la campagna referendaria per il NO è particolarmente preoccupante, perché si basa tutta sull'idea che senza quel gas non possiamo vivere, che non si può fare a meno di quel 2%, che le rinnovabili siano solo un'illusione, o che chi è contrario a rinunciare a quel 2% deve andare a piedi e chiudere il rubinetto del gas della cucina. Tutto questo non ha senso, perché dobbiamo fare 10 volte tanto, nel periodo in cui questo gas ci verrà a mancare (ed in buona parte mancherà comunque). Certo, il discorso è più complesso, e riguarda l'opportunità o meno di rinunciare a questi specifici giacimenti, ma nei prossimi anni dovremo rinunciare a molto più gas e petrolio, volenti o nolenti, referendum o no, di quanto ci diano queste concessioni. Non si discute.

Una vittoria dei Sì rilancerà invece le rinnovabili? Mi permetto di essere scettico a riguardo. Diciamo che ci spero. Come spero che una vittoria dei No non le affossi ulteriormente (il che mi sembra più probabile). In conclusione se questo referendum non si faceva era meglio, ma ora c'è e ce lo dobbiamo tenere.

Al di là quindi dell'impatto reale, che è molto modesto e comporterà alla fine la rinuncia ad una piccolissima frazione dei nostri consumi di gas e petrolio, il significato del referendum è politico, e dipende in modo fondamentale da come verrà letto. Cosa estremamente difficile da prevedere, quindi, come dicevo all'inizio, rispetto chi fa previsioni differenti dalle mie.

Un ragionamento più sensato è quello di chi sostiene che quel gas, che non estrarremo, lo dovremo importare, quindi scaricando su altri l'inquinamento. Ma il paradosso di Jevons è in agguato. Se non estrai del metano, non lo bruci, è pacifico. Se lo estrai, lo bruci, e quello che non lo importi lasci ad altri la possibilità di bruciarlo. Di fatto nessuno vorrà smettere di estrarre, perché significa rinunciare a dei guadagni. Abbiamo visto che dovremo rinunciare, nei prossimi anni, a ben più  di quanto verrà bloccato dal referendum. Ha senso dire che possiamo rinunciare ad un 20% delle nostre capacità estrattive, probabilmente meno visto il depauperamento dei giacimenti, quando dovremo ridurre i consumi del 75%, e quindi chiedere agli altri di lasciare sottoterra metà delle loro risorse di gas? O non è questo fare gli ecologisti con i soldi (delle estrazioni) degli altri?

Anche qui, stabilire se complessivamente estrarre o meno un milione di metri cubi l'anno stimoli o freni l'estrazione a livello globale credo sia questione da palla di vetro di mago Merlino. E probabilmente siamo sull'irrilevante. Ma i simboli, i segnali, forse contano.

Concludo con una foto del mio mezzo di locomozione. Uno scooter elettrico che fa circa 120 km con l'equivalente di un litro di petrolio. E che ora ricarico usando energie rinnovabili. 


domenica 28 febbraio 2016

Motorini e colonnine di ricarica

Una delle vecchie colonnine
Firenze è la città italiana che ha la migliore rete di colonnine di ricarica per veicoli elettrici. In media ne trovi una entro un km da dove sei, gratuite, e fino a pochi mesi fa gestite dalla società che gestisce anche l'illuminazione pubblica ed i semafori.

Grazie ad un finanziamento della Comunità Europea per incoraggiare la mobilità elettrica, le colonnine sono state sostituite con altre, di proprietà dell'ENEL, che funzionano con un sistema a pagamento (lo so, suona molto male, e per ora evito commenti). Il primo anno è pagato dal Comune, dal 2017 occorrerà farsi un contratto con l'ENEL. Le nuove colonnine hanno solo 2 spine, invece delle 4 presenti in quelle vecchie, e una delle due è ad alta potenza per auto, quindi utile per incoraggiare queste ultime ma inutilizzabile per gli scooter.

Le nuove colonnine sono un po' un disastro. Molte non funzionano, o sono guaste, o non ancora in esercizio. L'apposita app per telefonini ne mostra attualmente circa il 40% "in manutenzione", e il dato, ad occhio, non è cambiato molto nell'ultimo mese.  Hanno bisogno di un collegamento telematico, per verificare l'identità dell'utilizzatore, e capita che questo non funzioni. Spesso occorre fare due o tre tentativi di autenticazione. E, come del resto le precedenti, sono regolarmente ostruite da auto e scooter a benzina, che parcheggiano nelle piazzole riservate. Visto che tra gli abusivi ci sono pure il Sindaco e le auto di servizio della Regione non c'è da sperare in un rispetto della legge. Di recente poi un servizio di car sharing elettrico, con 200 veicoli, ne sta monopolizzando l'uso.

Il problema principale però, per ora, riguarda le spine da utilizzare.
La ricarica dei veicoli elettrici è una babele normativa e di standard, che sono recentemente si è un po' stabilizzata. E quindi questo articolo è anche una richiesta di aiuto, a chi ne capisce più di me.

Uno scooter si può tranquillamente caricare alla presa del garage (anche e sembrerebbe sia illegale farlo, occorrerebbe un contratto apposito), ma un'auto con un pacco batterie da 20 kWh o più ha bisogno di potenze molto maggiori. 20 kWh significano 20 kW di potenza per un'ora, e una presa di casa regge circa 3 kW, a fatica. Una presa industriale trifase arriva 10 kW, ancora pochi. E quindi esistono prese apposta, tra l'altro adatte a funzionare all'aperto, sotto la pioggia.

In Europa i tipi di connettori sono normati dalla CEI EN 62196-2: “Spine, prese fisse, connettori mobili e fissi per veicoli”, e le modalità per collegarsi (come si usano queste spine) dalla CEI EN 61851 “Carica conduttiva dei veicoli elettrici". In Italia esistono inoltre le norme CEI CT 312, che si rifanno alle precedenti. Già a questo punto si capisce che la questione non è semplicissima. Tra norme, interpretazioni, applicazione eccetera occorre una laurea in giurisprudenza ed una in ingegneria elettrotecnica solo per capirci qualcosa. Io di giurisprudenza ne capisco quanto di paleografia semitica, per cui appunto accetto volentieri dritte e correzioni.

Per farla breve, nelle situazioni all'aperto si adotta il cosiddetto "modo 3", in cui il cavo elettrico ha da uno o ambedue i lati delle prese a norma. Non van bene quelle di casa, e neppure quelle blu industriali. Non vanno bene quindi adattatori, prolunghe, o prese sul veicolo differenti da quelle della normativa CEI.

Esistono circa 5 tipi differenti di prese, ma le modalità con cui funzionano sono le stesse. La colonnina tiene la presa normalmente spenta. Quando si inserisce la spina, la colonnina interroga il veicolo, usando uno o due contatti "pilota" presenti nella presa, e stabilisce quanta corrente massima può erogare. Una volta che colonnina e veicolo si sono messi d'accordo, la presa viene effettivamente accesa. In questo modo la colonnina è spenta finché non si inserisce la spina, non si può prendere la scossa infilando le dita nella presa, e non si può bruciare il cavo per un cortocircuito.

Le vecchie prese usavano una spina di "modello 3A", detta anche "Scame", che richiedono un circuito pilota molto semplice, in pratica una resistenza ed un diodo. Con un'interpretazione un po' di fantasia della normativa, praticamente tutti i possessori di veicoli elettrici si erano quindi dotati di una sorta di prolunga, con ad un capo la spina "Scame" da infilare nella colonnina, e dall'altro una presa volante per le spine di tipo "tedesco", che di solito era quella del motorino. Il circuitino veniva messo nella spina Scame.

Il forellino
Nonostante le standardizzazioni, nel tempo le spine "Scame" sono cambiate. Si è aggiunto un forellino, che serve a bloccare la spina nella presa. Considerato che il servizio è a pagamento, non vuoi che qualcuno sfili la tua spina ed infili la sua, ricaricando a tue spese. Il forellino, con poche istruzioni, è facile da fare, ma senza di quello la colonnina ti dice di riprenderti la tua spina, senza spiegarti perché non va bene. E ovviamente al Comune non ne sanno nulla, per sapere queste elementari informazioni è servito un passaparola tra gli utenti più esperti.

Ma come abbiamo visto sopra, le prolunghe non van bene. Il che è un problema, praticamente tutti i veicoli (non solo i motorini) costruiti fino a pochi anni fa hanno una presa tedesca per la ricarica, e cambiare il cavo di collegamento richiede un bel po' di lavoro. Con un escamotage legale, però il passaparola (ancora, non esiste nessun documento ufficiale) consente l'uso di prolunghe se la presa e spina sono all'interno del veicolo. In pratica se ho una prolunga che però si attacca al cavo del motorino sotto la sella, posso sostenere, tirato per i capelli, che il filo che esce dal motorino sia una sua parte integrale non separabile, e che il dispositivo di sicurezza sia all'interno del veicolo. O comunque che un vigile che passi di lì possa non accorgersi della differenza. Il cavo di collegamento però deve essere a 4 fili (lo ha stampigliato sopra, con la sigla "4G") e il circuitino deve essere nella presa tedesca nel sottosella. Se voglio ricaricare il motorino alla presa del garage, devo prendere un adattatore come quello in figura.

In pratica quindi come fare?
  • Se si ha già un cavo fatto nel modo giusto, basta fare il forellino. Ha un diametro di 5 mm, ed è posizionato sopra il collegamento di massa. La presa ha una linea di stampo, che va benissimo come riferimento, e il centro del foro è a 2,5 mm dal rinforzo sul bordo esterno della presa, in pratica il foro lo lambisce. 
  • Se il cavo è a 3 fili, occorre sostituirlo. Un cavo a 4 fili di 3 metri costa circa 5 12 euro, una presa Schuko (tedesca) impermeabile circa 4, resistenza e diodo si recuperano facilmente da vecchie schede elettroniche (almeno, io faccio così) o costano comunque l'euro che manca per fare cifra tonda.
    Correzione: Mi fanno notare che il cavo che costa 5 euro è di categoria FROR, non adatto per esterni se non per usi temporanei. Si dovrebbe quindi usare un cavo FG7OR, o meglio un HO7RN-F, molto più adatti per esterno, ma che costano di più (circa 4 euro/metro).

Nota importante: queste istruzioni sono per una persona esperta, quindi se non lo siete non vi azzardate a mettere le mani in cose che sono molto pericolose, se fatte male. Molto meglio se trovate qualche professionista che vi fa il cavo.

Cominciamo con il circuito. Per il diodo va bene qualsiasi diodo raddrizzatore che regga i 220 volt, ad es. l'inossidabile 1N4004. La resistenza è da 820 ohm, almeno 1/2W.
Schema del cavo di collegamento

La presa SCAME ha 4 pin, come nella figura sopra. Il morsetto di massa (G) va collegato al filo giallo/verde del cavo. Il neutro (N) va al blu, la fase (L) al grigio, o marrone, e il pilota (P) al nero. Il morsetto pilota è quello più sottile degli altri. 

All'altro capo del cavo, saldate il diodo e la resistenza al filo pilota (nero). Il diodo deve avere la fascia bianca dal lato opposto al cavo.  Il risultato dopo la saldatura è circa questo:

Isolate con della guaina termorestringente tutto il circuito. Controllate prima che le saldature siano lisce, senza punte che forerebbero l'isolamento. Mettete DUE guaine termorestringenti, meglio stare sul sicuro.


A questo punto avete un cavo con 4 terminali. Se il mezzo elettrico ha una morsettiera a cui si attaccava il vecchio cavo, la cosa migliore sarebbe collegarsi lì, ma serve un elettrauto che faccia il cambio del cavo. Sia il cavo pilota con circuito che il cavo di massa vanno collegati al telaio del mezzo, e gli altri due alla fase e neutro (con gli stessi colori blu-marrone) del caricabatteria.
Presa Schuko a norma IP44, con coperchio
 Se questo non è possibile, collegate il tutto ad una presa Schuko, in cui infilare la spina del motorino.Cercatela a norma IP44 (impermeabile), costano un euro di più ma la sicurezza non ha prezzo. Purtroppo queste prese non sono polarizzate, quindi fili di fase e neutro vanno indifferentemente nei due fori laterali. La massa e il circuito pilota in quello centrale.


Il tutto richiede circa mezz'ora di lavoro, e 10   18 euro di materiale.