Nel precedente post ho introdotto, con alcune considerazioni molto generali, il libro di Silvano Fuso "I nemici della scienza". Oggi vorrei parlarne un po' più in dettaglio, tralasciando il capitolo sull'antiscientismo filosofico, di cui non mi sento per niente competente.
Il libro affronta gli atteggiamenti antiscientifici della religione (o meglio di un certo modo di vivere la religione) e di un certo ambientalismo. Siccome mi definisco sia ambientalista che religioso, sono abbastanza suscettibile su questi temi. Ma, a parte alcuni scivoloni nel campo ambientalista, ho trovato l'atteggiamento di Silvano molto rispettoso e serio.
Nel capitolo sull'antiscientismo religioso (quello sull'ambientalismo lo rimando al prossimo post) il libro racconta una lunga serie di orrori di cui mi sono già occupato anche in queste pagine. In definitiva il problema è che per molti religiosi il proprio credo non è semplicemente quello che, con umiltà e consapevolezza dei propri limiti, si è valutato il migliore, ma quello che ogni persona dotata di raziocinio ed onestà deve evidentemente riconoscere tale, come l'unico ovvio e sensato. Neppure gli scienziati più innamorati delle loro teorie possono essere così intransigenti, così chiusi ad ogni dubbio come chi ritiene di avere in tasca la VERITÀ (tutta maiuscola, ovviamente).
Le conseguenze di questo sono chiaramente che in qualsiasi contrasto tra scienza e fede debba per forza essere la prima a sbagliare. Per fortuna la Chiesa Cattolica ha smesso di fare troppe affermazioni con valenze scientifiche, ma il terreno di scontro rimane, su tanti temi. Quattro pagine del libro riportano un mio articolo, tratto da queste pagine, sul rapporto ancora teso tra una parte della Chiesa Cattolica e l'evoluzionismo. Si parla di miracoli, che nel caso della vera fede sono prove inconfutabili, e naturalmente biechi imbrogli nel caso di tutte le altre.
Per la gerarchia cattolica, la scienza è vista comunque come una forma di conoscenza secondaria. Non è un vero sapere, tanto che viene considerata di striscio nell'enciclica sul pensiero razionale, "Fides et ratio". Certo, è utile, ci fornisce tante comodità, ma non sembra essere vista come una vera minaccia, semmai è la filosofia materialista che può usare la scienza per dire che non c'è altro. L'idea che possa comparire una verità scientifica che dimostri la falsità di qualche dogma, o interpretazione, o dettame morale, non passa neppure per la testa. Eppure succede, per esempio il dogma del peccato originale, nella formulazione attuale, presuppone l'esistenza di una prima coppia umana, cosa che in biologia evoluzionista semplicemente non ha senso. La creazione biblica viene considerata compatibile con il Big Bang, secondo me in modo non del tutto fondato, ma il concetto di "fine dei tempi" non ha nessun senso, nella cosmologia che conosciamo.
Ho sentito diversi teologi parlare di queste cose, e bastano veramente ritocchi per evitare problemi. Sono convintissimo che rivedere i concetti di creazione, peccato originale, escatologia, alla luce di quel che ci dice la scienza non possa che arricchire la fede, ma occorre rivedere il dogma fondamentale della dogmatica, quello che afferma che i dogmi sono certi ed immutabili, in ogni dettaglio. Un teologo una volta in una conferenza sull'evoluzionismo disse proprio questo, che voleva per la Chiesa il diritto di poter sbagliare, di poter dire "questo che abbiamo sostenuto finora è una cavolata, ora ci siamo resi conto che occorre cambiare idea".
Per ora quel che viene fatto è semplicemente ignorare il problema: pochi hanno le conoscenze, da un lato o dall'altro, per accorgersene. La maggior parte dei teologi non sa di scienza, e come dicevo la considera un insieme di teorie, conoscenze incerte. Gli scienziati, anche cattolici, adattano le proprie credenze senza troppi problemi e non si occupano di dogmatica. Insomma, di certe cose è saggio non parlare.
Da quel po' che ho visto il problema è molto peggiore nell'Islam. La scienza islamica è stata il faro della civiltà fino almeno al 1300 ed anche oggi scienziati illustri sono musulmani. Per il pensiero islamico ogni atto è frutto diretto della volontà di Allah, e le leggi scientifiche non sono che il riflesso della regolarità del suo agire. Lo scienziato quindi studia come Allah vuol governare il mondo, un compito senz'altro nobilissimo, e siccome qualsiasi cosa scopra non è che la Sua libera volontà non ci sono vincoli, o conflitti, tra scienza ed Islam. Almeno fino a quando qualcuno stabilisce, ad es. leggendo il Qran, come Allah vuol comportarsi. Il problema è che lo han già fatto in molti.... Lascio al libro il compito di illustrare i risultati di questa tendenza nell'Islam odierno, mi limito ad uno degli esempi più eclatanti.
Mi ha colpito per contrasto un dialogo riportato da Sagan tra lui ed il Dalai Lama. Lo scienziato chiedeva cosa sarebbe successo se la scienza avesse scoperto qualcosa in contraddizione con le credenze del Buddhismo. Il Lama rispose che, semplicemente, il Buddhismo avrebbe dovuto adeguarsi e cambiare. Anche se si trattasse di una credenza fondamentale, come ad esempio la reincarnazione. Ma, aggiunse, non credeva che ci fosse un grosso rischio che la scienza falsificasse la reincarnazione.
Il libro tocca poco questi problemi, Silvano si è occupato più di scontri a sfondo morale, e mi sembra abbia fatto a riguardo un po' di confusione. Certamente, una visione dogmatica della morale porta a casini mica male, ma questi influenzano la scienza in modo indiretto, non si tratta di veri "nemici della scienza". Ad esempio il libro parla molto della questione delle cellule staminali, o della fecondazione in vitro. Certamente, sono questioni che si traducono in limiti per la ricerca, o per la terapia, ma il problema sta nel modo assoluto con cui si concepisce la morale. Il confine tra ciò che è uomo e ciò che è un ammasso di cellule non è netto, e il torto della Chiesa è considerarlo tale, in modo estremamente rigido. È un classico modo per sciogliere un nodo con un colpo di spada, anziché cercare di districare i fili con pazienza, ed umiltà. Ma con la scienza mi sembra c'entri poco.
C'entrano invece, eccome, le argomentazioni pseudoscientifiche adottate, e riportate nel libro. Come in molti altri casi simili, quando si ha in tasca la Verità si selezionano le notizie, gli studi, interpretandoli in modo molto libero. Così ogni ricerca sulle staminali non embrionali, anche preliminare e lontanissimo da qualsiasi conclusione, diventa la "prova" che chi vuol far ricerca usando quelle embrionali in realtà è mosso solo da biechi istinti omicidi. E c'entra quando qualche scienziato nota che una lezione magistrale di teologia in un'università laica può non essere opportuna, e di conseguenza riceve diffamazioni in parlamento. E una soubrette si arroga il diritto di giudicarne i meriti scientifici, insultando il fisico premio Nobel con cui il nostro ha lavorato.
C'entra quando si adottano argomentazioni pseudoscientifiche per decretare che l'omosessualità è una malattia (questo da parte di pochi, per fortuna), che l'uomo è ontologicamente differente dagli animali, che i metodi anticoncezionali approvati dalla Chiesa siano strutturalmente differenti da quelli vietati, che la terapia del dolore possa comunque rendere superflua ogni discussione sull'eutanasia, che il profilattico non funziona contro l'AIDS, e tante altre cose del genere. Tutte cose per cui c'è all'interno della comunità dei credenti una discussione, una riflessione, purtroppo quasi sempre sotterranea, che fatica ad emergere perché qualcuno ha già in tasca la Verità. Peccato, perché si tratta di argomenti con tante sfaccettature, in cui anche i cristiani "tradizionalisti" hanno cose non banali da dire. Ci vorrebbe un libro simile scritto da un credente, Silvano si è limitato ad un interessante confronto tra quello che le varie denominazioni cristiane dicono su questi temi.
Aggiungo alla galleria degli orrori l'esperienza del mio amico giornalista Saverio, che ha provato a sottoporsi ad una "terapia" per "guarire dall'omosessualità".
Il libro sottolinea per me una cosa molto importante. La scienza viene vista come qualcosa di utile, ma poco significativo culturalmente. Il valore della scienza è quello di darci medicine (soprattutto), cellulari, auto, non quello di averci fatto capire dove viviamo nell'Universo, come questo funzioni (almeno in parte), averci dato strumenti per una conoscenza parziale, limitata, ma aderente alla realtà al posto di una certa, assoluta, ma del tutto senza basi fattuali.
Anche ci difende la scienza spesso cade in questo tipo di ragionamento. Incidentalmente non sono neppure del tutto convinto che sia un bene che una specie così aggressiva e pasticciona come la nostra abbia in mano uno strumento di conoscenza così potente. Ma se abbiamo un minimo di fiducia nell'uomo, e vogliamo vedere in modo positivo, mi sembra che la ricchezza della scienza non sia il saper costruire i microprocessori. È quella che provo di fronte ad un cielo stellato, una foglia, una formica, e posso vedere le galassie, un cosmo così smisurato che ogni distanza conosciuta sparisce di colpo, le cellule, l'evoluzione che ha prodotto quegli istinti semplicissimi ma perfetti. Ogni visione mitica, ogni tradizione esoterica appare sciocca, banale a confronto della ricchezza del mondo come è. E in cui la scienza ci permette di sbirciare.
Per la gerarchia cattolica, la scienza è vista comunque come una forma di conoscenza secondaria. Non è un vero sapere, tanto che viene considerata di striscio nell'enciclica sul pensiero razionale, "Fides et ratio". Certo, è utile, ci fornisce tante comodità, ma non sembra essere vista come una vera minaccia, semmai è la filosofia materialista che può usare la scienza per dire che non c'è altro. L'idea che possa comparire una verità scientifica che dimostri la falsità di qualche dogma, o interpretazione, o dettame morale, non passa neppure per la testa. Eppure succede, per esempio il dogma del peccato originale, nella formulazione attuale, presuppone l'esistenza di una prima coppia umana, cosa che in biologia evoluzionista semplicemente non ha senso. La creazione biblica viene considerata compatibile con il Big Bang, secondo me in modo non del tutto fondato, ma il concetto di "fine dei tempi" non ha nessun senso, nella cosmologia che conosciamo.
Ho sentito diversi teologi parlare di queste cose, e bastano veramente ritocchi per evitare problemi. Sono convintissimo che rivedere i concetti di creazione, peccato originale, escatologia, alla luce di quel che ci dice la scienza non possa che arricchire la fede, ma occorre rivedere il dogma fondamentale della dogmatica, quello che afferma che i dogmi sono certi ed immutabili, in ogni dettaglio. Un teologo una volta in una conferenza sull'evoluzionismo disse proprio questo, che voleva per la Chiesa il diritto di poter sbagliare, di poter dire "questo che abbiamo sostenuto finora è una cavolata, ora ci siamo resi conto che occorre cambiare idea".
Per ora quel che viene fatto è semplicemente ignorare il problema: pochi hanno le conoscenze, da un lato o dall'altro, per accorgersene. La maggior parte dei teologi non sa di scienza, e come dicevo la considera un insieme di teorie, conoscenze incerte. Gli scienziati, anche cattolici, adattano le proprie credenze senza troppi problemi e non si occupano di dogmatica. Insomma, di certe cose è saggio non parlare.
Da quel po' che ho visto il problema è molto peggiore nell'Islam. La scienza islamica è stata il faro della civiltà fino almeno al 1300 ed anche oggi scienziati illustri sono musulmani. Per il pensiero islamico ogni atto è frutto diretto della volontà di Allah, e le leggi scientifiche non sono che il riflesso della regolarità del suo agire. Lo scienziato quindi studia come Allah vuol governare il mondo, un compito senz'altro nobilissimo, e siccome qualsiasi cosa scopra non è che la Sua libera volontà non ci sono vincoli, o conflitti, tra scienza ed Islam. Almeno fino a quando qualcuno stabilisce, ad es. leggendo il Qran, come Allah vuol comportarsi. Il problema è che lo han già fatto in molti.... Lascio al libro il compito di illustrare i risultati di questa tendenza nell'Islam odierno, mi limito ad uno degli esempi più eclatanti.
Mi ha colpito per contrasto un dialogo riportato da Sagan tra lui ed il Dalai Lama. Lo scienziato chiedeva cosa sarebbe successo se la scienza avesse scoperto qualcosa in contraddizione con le credenze del Buddhismo. Il Lama rispose che, semplicemente, il Buddhismo avrebbe dovuto adeguarsi e cambiare. Anche se si trattasse di una credenza fondamentale, come ad esempio la reincarnazione. Ma, aggiunse, non credeva che ci fosse un grosso rischio che la scienza falsificasse la reincarnazione.
Il libro tocca poco questi problemi, Silvano si è occupato più di scontri a sfondo morale, e mi sembra abbia fatto a riguardo un po' di confusione. Certamente, una visione dogmatica della morale porta a casini mica male, ma questi influenzano la scienza in modo indiretto, non si tratta di veri "nemici della scienza". Ad esempio il libro parla molto della questione delle cellule staminali, o della fecondazione in vitro. Certamente, sono questioni che si traducono in limiti per la ricerca, o per la terapia, ma il problema sta nel modo assoluto con cui si concepisce la morale. Il confine tra ciò che è uomo e ciò che è un ammasso di cellule non è netto, e il torto della Chiesa è considerarlo tale, in modo estremamente rigido. È un classico modo per sciogliere un nodo con un colpo di spada, anziché cercare di districare i fili con pazienza, ed umiltà. Ma con la scienza mi sembra c'entri poco.
C'entrano invece, eccome, le argomentazioni pseudoscientifiche adottate, e riportate nel libro. Come in molti altri casi simili, quando si ha in tasca la Verità si selezionano le notizie, gli studi, interpretandoli in modo molto libero. Così ogni ricerca sulle staminali non embrionali, anche preliminare e lontanissimo da qualsiasi conclusione, diventa la "prova" che chi vuol far ricerca usando quelle embrionali in realtà è mosso solo da biechi istinti omicidi. E c'entra quando qualche scienziato nota che una lezione magistrale di teologia in un'università laica può non essere opportuna, e di conseguenza riceve diffamazioni in parlamento. E una soubrette si arroga il diritto di giudicarne i meriti scientifici, insultando il fisico premio Nobel con cui il nostro ha lavorato.
C'entra quando si adottano argomentazioni pseudoscientifiche per decretare che l'omosessualità è una malattia (questo da parte di pochi, per fortuna), che l'uomo è ontologicamente differente dagli animali, che i metodi anticoncezionali approvati dalla Chiesa siano strutturalmente differenti da quelli vietati, che la terapia del dolore possa comunque rendere superflua ogni discussione sull'eutanasia, che il profilattico non funziona contro l'AIDS, e tante altre cose del genere. Tutte cose per cui c'è all'interno della comunità dei credenti una discussione, una riflessione, purtroppo quasi sempre sotterranea, che fatica ad emergere perché qualcuno ha già in tasca la Verità. Peccato, perché si tratta di argomenti con tante sfaccettature, in cui anche i cristiani "tradizionalisti" hanno cose non banali da dire. Ci vorrebbe un libro simile scritto da un credente, Silvano si è limitato ad un interessante confronto tra quello che le varie denominazioni cristiane dicono su questi temi.
Aggiungo alla galleria degli orrori l'esperienza del mio amico giornalista Saverio, che ha provato a sottoporsi ad una "terapia" per "guarire dall'omosessualità".
Il libro sottolinea per me una cosa molto importante. La scienza viene vista come qualcosa di utile, ma poco significativo culturalmente. Il valore della scienza è quello di darci medicine (soprattutto), cellulari, auto, non quello di averci fatto capire dove viviamo nell'Universo, come questo funzioni (almeno in parte), averci dato strumenti per una conoscenza parziale, limitata, ma aderente alla realtà al posto di una certa, assoluta, ma del tutto senza basi fattuali.
Anche ci difende la scienza spesso cade in questo tipo di ragionamento. Incidentalmente non sono neppure del tutto convinto che sia un bene che una specie così aggressiva e pasticciona come la nostra abbia in mano uno strumento di conoscenza così potente. Ma se abbiamo un minimo di fiducia nell'uomo, e vogliamo vedere in modo positivo, mi sembra che la ricchezza della scienza non sia il saper costruire i microprocessori. È quella che provo di fronte ad un cielo stellato, una foglia, una formica, e posso vedere le galassie, un cosmo così smisurato che ogni distanza conosciuta sparisce di colpo, le cellule, l'evoluzione che ha prodotto quegli istinti semplicissimi ma perfetti. Ogni visione mitica, ogni tradizione esoterica appare sciocca, banale a confronto della ricchezza del mondo come è. E in cui la scienza ci permette di sbirciare.
4 commenti:
"Un teologo una volta in una conferenza sull'evoluzionismo disse proprio questo, che voleva per la Chiesa il diritto di poter sbagliare"
Certo, ma questo comporta due problemi (almeno per una struttura come la Chiesa Cattolica):
1) la perdita dello status morale e filosofico privilegiato rispetto alle altre entità che possono fornire una guida sociale e culturale (questo potrebbe essere un problema più per alcuni fedeli che per la gerarchia).
2) Per induzione, poter dire "Abbiamo sbagliato" implica che qualcuno possa ragionevolmente dire "State sbagliando", cosa inaccettabile da parte di chi considera vincolanti le proprie direttive.
PS: mi sono soffermato su un punto che mi sta a cuore, ma il post è molto lungo e profondo e meriterebbe ben di più; complimenti.
E' possibile trovare, che qualcuno sappia, una trascrizione della conversazione fra Sagan ed il Dalai Lama?
Gianni, ho (ri)scoperto il tuo
blog solo adesso, e l'ho trovato sommamente interessante. Prima o poi ti disturberò, specie sull'argomento di questo post. Ma, tanto per provocare, secondo me se la chiesa riconosce anche solo alcuni presupposti dell'evoluzionismo perde totalmente la sua identità. Ti chiederò il parere appena organizzo i pensieri.
Marco
Mi sono riletto in questi giorni un libro uscito l'anno scorso che s'intitola "La fisica del cristianesimo" di Frank Tipler, un fisico statunitense che vent'anni fa insieme a John Barrow, noto astrofisico e divulgatore scrisse
"Il principio antropico" tradotto poi in italiano sette anni fa.
Già quindici anni fa Tipler scrisse "La fisica della resurrezione" che lessi, ma non disponendo più del libro, ed essendo ormai raro non posso rileggermelo.
Tutti i tre libri sono molto interessanti, ostici a causa delle parti matematiche che contengono, ma leggibili da chiunque abbia una formazione scolastica di scuola superiore."La fisica del cristianesimo" però è un saggio particolare.Prende talmente sul serio il cristianesimo, da ritenere che si possa metterlo alla prova dei fatti sperimentalmente facendo esperimenti che chiamano in causa i neutrini, per esempio.C'è un altro libro dal titolo affine, "La fisica dei supereroi" di James Kakalios che spiega in modo esemplare che cosa,allo stato attuale delle conoscenze fisiche sia verosimile o no nei racconti dei fumetti di tutti i tempi.
Sarebbero tre libri da portare alla conoscenza di un vasto pubblico, giusto per mostrare quanta passione mettano gli scienziati nel loro lavoro.Altro che le annacquature dei vari programmi di divulgazione scientifica delle tv di stato e di governo.
Ma i tempi stanno maturando, e in fretta.Appena si faranno più duri,
molti si appassioneranno alle idee che da sempre ci inquietano.
marcopunto sclarandisattiscalipuntoit
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